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Pause, vespasiani e braccialetti
LAS VEGAS – Quando alle Wsop un torneo va in pausa, gli ampi corridoi del Rio Pavillion si trasformano in piste battute da mandrie di giocatori, gli stand che vendono cibo e bevande sono presi d’assalto manco fossero Fort Apache, e i bagni vengono intasati da decine di player, dealer e giornalisti con, sarà poco fine dirlo ma è la verità, la vescica gonfia.
Nella toilette degli uomini che sta di fronte all’ingresso della Brasilia Room ci sono otto vespasiani a muro: tutti occupati nel break del 5.000 dollari pot limit omaha, ma c’era da attenderselo. Aspettare bisogna. Si gira un uomo con la polo chiara e i capelli ordinati con la riga in parte. Dai che ne mancano pochi e dopo tocca a me. Toh, guarda, è John Juanda, che prima di uscire si controlla allo specchio con quei suoi occhi sbarrati in modo quasi innaturale. Anche lui fa pipì, nulla di sorprendente.
Claudio Rinaldi e Eric SeidelNel frattempo un signore alto e dinoccolato si abbottona la patta e se ne va. E’ Eric Seidel. Esce, senza neanche sciacquarsi le mani. E poi dubitate di chi dice che su carte e chip si trovano microbi e batteri della peggior specie? In coda intanto arriva il turno di un signore più piccolino, a prima vista orientale. Ma quello è Men “the Master” Nguyen, e quell’altro con la cuffia in testa che sta in coda dopo di lui è Jason Mercier! Ma sono l’unico in questo bagno ad essere senza un braccialetto Wsop al polso?
Per fortuna no. Si gira un uomo con la testa rapata e la camicia scura. E’ Gus Hansen, arrivato a Las Vegas con qualche settimana di ritardo perché impegnato, secondo i maligni, a seguire alcuni dei giocatori impegnati al Roland Garros su cui lui avrebbe scommesso pesantemente. Meno male. Almeno lui, proprio come me, di braccialetti qui al Rio non ne ha vinti mai.
Rudy Gaddo