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Wsop, il poker da torneo visto da Isaia: “Partita a scacchi, ma tirando i dadi”
LAS VEGAS – La pausa cena del championship di Omaha da 10.000 dollari sta finendo. Alessio Isaia trova il tempo di filosofeggiare e “riscrive”, con la sua ironia, i sacri testi che parlano di poker da torneo. E dice: “Questa è una partita a scacchi. Giocata però a colpi di “bucio di cu…”.
“Non parlo solo dell’omaha, questo discorso funziona anche per l’hold’em o qualsiasi altro gioco” premette il pro’ di Full Tilt, forte di uno stack vicino al mezzo milione di chip con 18 giocatori rimasti.
“A questo punto il gioco non è più quello che fai seduto ai tavoli cash con davanti duecento bui, oppure quello che puoi fare ai primissimi livelli del torneo. Qui per vincere bisogna ragionare quasi solo di strategia. Non si pensa più al bluff con l’asso secco o altre vaccate del genere (nell’omaha il “dry ace bluff” è il bluff che, con tre carte a colore a terra, tenta chi ha solo l’asso del seme corrispondente simulando di avere un nuts che nessun altro può avere, ndr).
Con i bui così alti se leghi il colore devi già ritenerti fortunato e le metti tutte dentro. Ora il gioco è praticamente solo strategia, è una partita a scacchi”. Con, però, una variabile aleatoria, stocastica, o per dirla più semplicemente casuale.
DADI NEGLI SCACCHI? “Sì, diciamo che il torneo a questo punto diventa una partita a scacchi dove prima di fare la tua mossa devi tirare un dado e se fai 1 muovi, 2 muovi due volte, 3 non muovi” puntualizza Alessio. “Ma quello che conta sono soprattutto gli stack, le posizioni, le situazioni, e le carte fanno la parte dei dadi”. Lettura perfetta.
Se sarà altrettanto lucido nel mondiale di Omaha, che non si concluderà oggi causa l’eccessiva lentezza nelle eliminazioni che ha portato l’organizzazione a decidere di andare avanti solo fino alla composizione del final table, state attenti a Isaia.
Las Vegas, dal nostro inviato Rudy Gaddo