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il 21 Set 2013

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Poker e Media: “The Economist” parla di online

Poker e Media: “The Economist” parla di online

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Le aspettative del mondo del poker per diventare un argomento “normale” nei palinsesti dei media mondiali sono ancora lontane da realizzarsi.

I modi di approcciare l’argomento nei media li conosciamo: è un mondo di malati asociali, i siti sono tutti truccati, ci guadagnano solo i criminali, eccetera…

Forse a volte la propria industria del poker non fa tutto quello che potrebbe per allontanarsi da questi cliché, come diceva recentemente Tatjana Pasalic in un’intervista, parlando di una “iper-sessualizzazione” dell’immagine che offre questa industria che può diventare a volte semplicemente ridicola.

In occasioni, comunque, i grandi media internazionali danno una mano volontaria o involontariamente a far percepire il gioco a cinque carte come quello che è: un bel gioco che ha dato origine a un ingente business che ancora non sa perfettamente come assimilare tutta la notorietà ottenuta grazie al rinomato “effetto Moneymaker”, ovvero quella vittoria del Main Event delle WSOP del 2003 di un giocatore che si era qualificato online con un satellite da 20$.

In questo caso abbiamo un semplice ma ottimo articolo di “The Economist”, che insieme al Financial Times può essere considerato uno dei giornali economici più prestigioso del pianeta. L’articolo è apparso nella versione cartacea del giornale degli Stati Uniti e si chiama “Know when to fold”, cioè “Sapere quando foldare”.

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In questo breve testo si parte da una bella comparazione sulle differenza dei tells online (il tempo di risposta davanti a una decisione importante) e di quelli live per arrivare al centro del dibattito sulla legalizzazione del poker online negli Stati Uniti. Il sottotitolo dell’articolo è particolarmente chiaro in merito: “Man mano che gli stati legalizzeranno il poker online, questo diventerà più sicuro“.

Il modo di sviluppare questo argomento è così semplice che uno si chiede come è possibile che ci sia chi riesce a farlo sembrare complicato: se un’attività particolarmente diffusa viene vietata dallo stato, questa attività non smetterà di esistere ma verrà gestita fuori dalla legge dalla malavita. Più o meno come successe negli anni ’20 negli Stati Uniti con il proibizionismo.

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Quindi -conclude l’articolo- anche se non ci sono indizi che il poker online verrà legalizzato a livello nazionale nei prossimi tempi, uno studio dell’American Gaming Association prevede in ogni caso un incremento del business man mano che alcuni stati detteranno delle norme per regolarizzarlo all’interno dei propri confini, raggiungendo così i (per ora) solitari Nevada, New Jersey e Delaware.

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