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I poker pro divorziati non devono pagare l’assegno di mantenimento: il caso-Hakki farà giurisprudenza?
“Le sue vincite a poker non costituiscono lavoro retribuito”. Questa la sentenza definitiva che tre giudici della Corte D’Appello inglese hanno emesso in favore di Tony Hakki, giocatore di poker professionista, da quattro anni coinvolto in una battaglia legale per il mantenimento dei figli.
I tabloid inglesi non sono entrati nei dettagli della vicenda: di Tony Hakki si sa che era un intermediario finanziario e che cominciò a giocare a poker nel 1998, dopo il licenziamento. Conosciuto nel circuito come Tony ‘Hitman’ Hakki, pare abbia incassato nei tornei live vincite vicino ai 186.000 dollari.
Una passione, quella del poker, che è poi diventata il suo mezzo di sostentamento principale. “Mr. Hakki è un giocatore di poker professionista a tutti gli effetti: si mantiene con le sue vincite ai tavoli”, si legge nella sentenza del giudice Lord Longmore. Tuttavia, il poker player inglese si è rifiutato di versare l’assegno di mantenimento.
La sua ex moglie, la parrucchiera Devrise Blair, ha sempre sostenuto che il gioco d’azzardo del marito fosse una vera professione, simile a quella di un atleta professionista. Si è pertanto rivolta alla ‘Child Support Agency’ affinché fossero riconosciuti i diritti suoi e dei suoi figli.
La sentenza di Longmore è stata categorica e, trattandosi, quello inglese, di un sistema giuridico di Common Law, è assai probabile che faccia giurisprudenza. “Si oppone l’applicazione per il motivo che le sue vincite a poker non costituiscono lavoro retribuito – si legge nella sentenza – Sui fatti accertati non ritengo che si possa dire che il sig. Hakki aveva una organizzazione lavorativa tale, nel suo gioco del poker, per farla equivalere a un mestiere”.
Un caso singolare che ha sottolineato quanto poco la giustizia sia al passo coi tempi e venga colta impreparata dinanzi alle nuove figure professionali che si stanno facendo largo nella società. A questo punto sarebbe interessante sapere quale sarebbe la linea di condotta che la giustizia italiana adotterebbe in una situazione simile.