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il 7 Nov 2014

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La Buffalo University sentenzia: “Il gioco online non influenza il problema del gambling, anzi…”

La Buffalo University sentenzia: “Il gioco online non influenza il problema del gambling, anzi…”

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Azzardo. Il termine “gambling” è stato, ormai da tempo, importato a tutti gli effetti nel nostro linguaggio di settore.

Nell’accezione americana più pura, questo vocabolo fa riferimento a tutto ciò che concerne il gioco e alle svariate conseguenze a cui può portare, qualora incontrollato.

Il problema della ludopatia, peraltro, è ben conosciuto anche da noi e sono sempre maggiori i fondi statali stanziati per affrontare questa problema, che si ha ancora un po’ di timore nel definirla malattia vera e propria.

Dagli anni 2000 a seguire, l’avvento di internet ha sicuramente segnato un cambiamento epocale anche in questo campo, offrendo infinite possibilità di scommettere e giocare da casa, rischiando di far degenerare il problema a dispetto degli enormi guadagni delle multinazionali del gioco.

Nonostante ciò, una ricerca della Buffalo University ha affermato che in questi anni, il gambling online non ha affatto inciso nei problemi legati al gioco degli americani.

Secondo la ricerca portata avanti da Mr. Welte la percentuale di giocatori è infatti addirittura calata rispetto a 10 anni fa: da quanto emerso pare infatti che nel 2014 abbiano gamblato, nel complesso, il 76.9% degli americani, circa un 5% in meno rispetto agli 82.2% dei primi anni 2000, quando l’online non aveva di certo la potenza di oggi.

Anche la percentuale di coloro che hanno riscontrato problemi legati al gioco è rimasto più o meno invariata: solamente l’1-2% di gambler ha problematiche patologiche.

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Stando ai numeri di questa ricerca, sarebbe calato anche il numero dei giorni medio in cui si gioca: circa 60 giorni all’anno nel 2000, 54 nel 2014.

Per trovare delle risposte a questi confortanti e sorprendenti dati, il dottor Welte propone due diverse chiavi di interpretazione.

La prima è di matrice puramente sociale: per il gruppo di ricerca, l’attuale situazione economica potrebbe aver convinto dei potential gamblers a investire il denaro in beni di quotidiana utilità.

La seconda è stata battezzata come “Teoria dell’adattamento“. In altri termini, se da un lato ci può essere sicuramente stata un’impennata del gioco una volta attestato l’online, ora la popolazione è conscia di quel che ha di fronte e non è più così attirata dal mondo del gioco.

Sostanzialmente, il gambler medio si è adeguato alla situazione e difficilmente potrà scommettere (e perdere) ulteriore denaro negli anni a venire.

Gli studi della Buffalo University smentiscono dunque lo ‘Sheldon Adelson pensiero’, che in questi ultimi mesi ha ripetutamente attaccato il gaming online, ritenendolo deleterio per la popolazione, specialmente quella più giovane.

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