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Result oriented? No, grazie! Parola ad ‘Actaru5’, Federico Petruzzelli, ‘quattroganci’ e Vito Barone
Abbiamo scritto ieri dell’analisi fatta da Alec Torelli sull’importanza, almeno da professionisti, di non essere result oriented.
Chi fa del poker il proprio lavoro, sentenzia il player californiano, deve “possedere l’abilità di separare l’aspettativa dal risultato concreto”.
Un dilettante, il quale magari genera un volume di gioco piuttosto basso, è invece maggiormente influenzato da ciò che gli accade ‘short term’, cosa che può intaccare il suo mindset e la capacità di essere obiettivo.
Nella teoria è tutto corretto, senza dubbio. Ma i professionisti riescono davvero a distaccarsi da quello che, di buono e di cattivo, accade loro al tavolo?
“Questo è un simulatore di varianza (foto sotto) – spiega Actaru5 – che mostra cosa può succedere a un regular di cash game 6-max con parametri di deviazione standard nella media dopo 500.000 mani. Sottolineo che le linee rappresentano i casi estremi (in questo caso è preso in esame un campione virtuale di mille giocatori), ma in rare circostanze ci si può trovare a essere il blu o il rosso. C’è da aggiungere che qui è considerato un winrate basso. Su un winrate alto la forbice non diminuisce, ma i professionisti vincenti raramente affronteranno situazioni troppo difficili perché comunque anche quando tutto andasse ‘male’ è l’edge che la fa da padrone. Questo si vede chiaramente nel secondo grafico, che considera un giocatore con un winrate più alto su un campione di un milione di mani (che non sono comunque in assoluto tantissime). L’arancione è stato sì ‘sfortunato’, ma è uno su mille e comunque avrà avuto un ottimo risultato.
Ho analizzato qui il cash game online, dove si può comunque ‘massare’ tanto. Nei tornei, quando parliamo di gioco live, non riusciremo mai ad avere campioni enormi, e la varianza peserà senz’altro di più. Qui l’essere result oriented può diventare davvero molto più pericoloso.
Di questo bisogna avere piena coscienza quando si affronta un torneo come può essere il Main Event WSOP, dove bisogna giocare gli spot importanti dopo esserci calati in una ‘corazza’ virtuale che deve renderci impermeabili alle emozioni e agli esiti. I giustissimi concetti della long run vengono annebbiati nella nostra emotività quando pensiamo che, in un particolare spot, magari avremo solo un’occasione nella vita di trovarci. Mi riferisco a un ipotetico 60%-40% tra i due chipleader nella bolla per il tavolo finale, ad esempio.
In ogni caso, l’essere result oriented è pericoloso in entrambe le direzioni: runnare bene può fare molti più disastri del badrunnare, proprio perché si può cadere nell’errore di fare affidamento su aspettative fuorvianti. Mentre la sfiga finisce per renderci prudenti (ride)”.
“Ho sempre sostenuto la stessa cosa di Alec – dice Federico ‘FederikoPX’ Petruzzelli – e l’esempio che lui porta è perfetto. Se vengo colto in bluff non significa che ho sbagliato. Se ritengo, infatti, che il mio avversario folderà l’80% delle volte, la mia condotta long term è profittevole. Credo di essere tra i pochi del ‘punto it’ ad avere una marcia in più nella ‘lettura’ del flow della partita. Questa, oggi, è una cosa fondamentale da possedere, perché se mantieni sempre le stesse frequenze diventi carne da macello per i regular più capaci…”.
Di poche parole, ma non contrarie al pensiero dell’americano, il fenomenale grinder ‘quattroganci’. Se fosse stato anche solo un po’ result oriented, difficilmente avrebbe potuto accumulare due milioni di VPP nel 2014.
“Torelli ha sicuramente centrato il punto, ha detto cose ottime, ineccepibili. Almeno per me, però, sono scontate…”.
Dello stesso avviso Vito ‘w1llyss’ Barone, uno dei grinder ‘inossidabili’ di PokerStars. Uno che, inevitabilmente, in carriera ne ha viste di tutti i colori.
“Senza queste basi uno non può assolutamente fare il professionista. Spesso metto in dubbio le mie scelte, ma non in virtù del risultato momentaneo. Alcune volte, infatti, è difficile capire se una move, un call o un push, possa essere realmente profittevole nel lungo periodo. E’ piuttosto complessa l’analisi, non tanto l’atteggiamento mentale. Se mi siedo in un tavolo ‘fishoso’ e perdo anche per dieci volte di fila, so benissimo che la cosa +EV è rimanere seduto. Certe mani sono chiaramente +EV come nell’esempio riportato da Alec, ma ci sono altre situazioni di gioco che sono meno facili da giudicare ‘long term’. E’ qui che vengono i dubbi, ma è normale perché chi non li ha non è obiettivo, quindi prima o poi si farà molto male…”.