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L’università di Nottingham non ha dubbi: “Il poker è uno skill game, basta giocare almeno 1.471 mani!”
Il professor Dennie Van Dolder dell’Università di Nottingham (foto sopra) ha recentemente pubblicato un articolo intitolato “Is Poker a game of chance or skill?” che intende sottolineare il preminente skill factor insito nel Texas Hold’em.
Un’analisi effettuata su 456 milioni di mani giocate online nel corso di un anno dimostra innanzitutto come ci siano alcuni player più vincenti di altri.
E’ stato appurato che il 10% dei giocatori con più profitto nei primi 6 mesi dell’anno hanno oltre il doppio delle possibilità degli altri di ripetersi nella seconda metà dell’anno.
Allo stesso modo, coloro che rientrano nel top 1% su un campione così elevato, hanno una probabilità 12 volte maggiore rispetto agli altri di centrarlo nuovamente.
“Questi numeri – afferma Van Dolder – ci fanno chiaramente capire come il poker non possa assolutamente essere un gioco basata esclusivamente sulla fortuna”.
Ma la vera domanda che si pone il prof britannico è un’altra: le skill possono realmente essere più incisive della fortuna?
La risposta viene nuovamente suggerita dai numeri: secondo la ricerca serve ovviamente un po’ di tempo affinché le abilità tecniche prevalgano sulla run. Van Dolder afferma dunque che i giocatori skillati possono ambire a fare profitto contro un giocatore medio dopo 1.471 mani giocate.
In altre parole, secondo la ricerca britannica, dopo circa 1.500 mani, il poker può essere considerato a tutti gli effetti uno skill game vero e proprio.
Le diverse ricerche fatte in proposito sembrano dunque andare tutte verso la stessa direzione: pochi mesi fa, a testimonianza di quanto sopra, l’University of Alberta ha addirittura programmato un bot imbattibile in heads-up…