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Chip dumping – Poker Room a convegno a Sanremo
SANREMO – Il chip dumping, per alcune poker room punto it, è un problema serio. Molto più che la “collusion” vera e propria. Sentite Lorenzo Stoppini, responsabile Skill games Snai intervenuto questa mattina all’Auditorium del Casinò di Sanremo al convegno “Poker 2.0, l’evoluzione: nasce la seconda generazione del poker” che ha visto i vertici delle principali poker room italiane rispondere all’invito lanciato da Pokerstars.it per discutere della situazione del mercato italiano.
“Un paio di giorni fa noi concessionari abbiamo incontrato i vertici Aams per parlare del tema: durante l’incontro un operatore di cui non voglio fare il nome ha detto che il 40% del loro traffico è legato a operazioni di chip dumping”.
CHIP DUMPING E CASH Il dato, che pure sarà riferito a un solo circuito non meglio precisato (con la maggior parte degli altri a citare il 2% come media del traffico caratterizzato da chip dumping) è comunque in sé preoccupante. “Secondo noi – ha detto Fabrizio D’Aloia, presidente di Microgame, la società leader del mercato italiano con il marchio People’s – i Monopoli di Stato devono fare di più per sostenere l’impegno dei concessionari nel combattere queste battaglie, specie ora che con l’arrivo del cash questi problemi potrebbero aumentare. Nonostante tutti dicano di essere pronti a partire con il cash l’apparato normativo messo in campo dal legislatore in proposito non è ancora sufficientemente chiaro per risolvere tutte le problematiche che si creeranno. Crediamo che i tempi per arrivare al lancio del in Italia saranno più lunghi di quelli ipotizzati”.
“La nostra unica priorità – ha detto da parte sua Barbara Beltrami, country manager di Pokerstars – sarà quella di impegnarci per tutelare la sicurezza del giocatore a 360 gradi”.
“Noi pensiamo solo che l’apertura al cash dovrebbe essere graduale – ha ammesso Fausto Gimondi, co-fondatore di Gioco Digitale –. Per quanto concerne il chip dumping invece non credo che l’arrivo del cash farà aumentare in modo esponenziale le situazioni in cui si paga l’idraulico perdendoci apposta dei soldi ai tavoli. Capiterà, certo, ma sarà solo uno dei problemi con cui avremo a che fare”.
TASSE Il principale tra i quali, sotto sotto, si chiama tassazione. Agli operatori infatti interessa innanzitutto capire come fare in modo che lo Stato mangi meno dell’aliquota prevista dalla legge comunitaria che legalizzò il gioco “punto it” quando il volume di giocato on line era previsto sì e no in 400 milioni di euro annui, a fronte dei 3,5 miliardi di euro stimati per quest’anno.
“Con l’introduzione del cash game poi – ha stimato Giovanni Carboni, senior partner della società di consulenza Carboni&Partner – entro il 2011 prevediamo che il volume del giocato salga a 7,8 miliardi di euro, 6 dei quali prodotti dal cash che mangerà inesorabilmente anche una quota del giocato sui tornei, anche se meno di quanto non accada all’estero dove il rapporto è di tre a uno”.
Benvenuta, insomma, all’ipotesi di veder tassato non tanto il giocato, quanto la quota di iscrizione trattenuta dalla poker room. Ma basterà questo a far aumentare i margini degli operatori, e i loro contestuali investimenti, in misura soddisfacente per questi ultimi?
La risposta arrivata via telefono durante il convegno dal sottosegretario alle Finanze con delega ai giochi Alberto Giorgetti non è stata a questo proposito, complice un collegamento singhiozzante, soddisfacente. Che, come ipotizza D’Aloia, i tempi per il lancio del cash siano davvero destinati ad allungarsi?
Rudy Gaddo