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La moglie di un trafficante di cocaina si difende: “Mi diceva che quei soldi li vinceva a poker…”
“One chip, one chair”.
Probabilmente ha fatto sua questa frase la signora britannica Dawne Powell, che nonostante si trovi in un caos da cui difficilmente potrà uscire, ha almeno il merito di non darsi per vinta.
Il suo nome non vi dice nulla, ma lei è la moglie di un narcotrafficante, tale Stephen Powell, che per anni ha ‘lavorato’ tra il Venezuela e la Gran Bretagna, importando in Europa un quantitativo di polvere bianca non indifferente. A lui ha dato una mano anche il padre, John.
Per fare la spola dall’America al Vecchio Continente hanno sempre utilizzato lo yacht ‘Makayabella’, in cui hanno nascosto, ma neanche troppo, oltre 1.000 panetti di cocaina da 1 chilogrammo ciascuno. Il valore di mercato di questa merce, quindi, è di circa 160 milioni di Sterline. Altro che vittoria al Sunday Million.
Un bel giorno, poi, il carburante finisce e si trovano impossibilitati a muoversi a 200 miglia marine dalla costa sud-occidentale dell‘Irlanda. Un bel casino, insomma.
Li intercettano lo ‘Irish Naval Service’ e la ‘National Crime Agency’: salgono a bordo, trovano quello che non avrebbero dovuto trovare e così iniziano le peripezie con la giustizia per le tre persone coinvolte.
Stephen, il marito, viene condannato a 16 anni di galera dalla Corte di Cork, mentre Dawne non si dà per vinta e prova in tutti i modi a respingere le accuse a suo carico.
Il problema è che avrebbe usato il proprio conto corrente per acquistare lo yacht, pagato 100.000£, i biglietti aerei per l’isola di St. Lucia, un telefono satellitare e un secondo yacht, più piccolo, utilizzato per gli spostamenti più brevi.
Lei, che non lavora da 10 anni, avrebbe detto di non sapere nulla del traffico di cocaina. Era convinta che i soldi (tanti) provenissero dalle vincite del marito a poker, hobby che lo impegnava cinque giorni a settimana.
Queste le sue dichiarazioni davanti alla Corte, forse un estremo tentativo di bluff: “Diceva che erano soldi del poker. Non avevo alcun motivo di dubitare di lui…”.