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Charlie Carrel: “Anni di bullismo mi hanno insegnato a spegnere le emozioni.”
Puoi dire con certezza che un giocatore sia un fuoriclasse quando leggi il suo nome su tutti i giornali. Non quelli che parlano di poker però -sarebbe troppo facile- ma quelli generalisti, quelli che il poker lo conoscono appena.
Nel 2015, quando l’enfant prodige inglese Charlie Carrel vinse quasi un milione di sterline all’EPT Grand Final di Montecarlo, i giornali e i siti web inglesi non avevano occhi che per il ragazzo che a soli 21 anni aveva vinto tutti quei soldi che potevano cambiargli la vita.
Adesso l’euforia del momento è passata, ma la gente non si dimentica facilmente di ‘Epiphany77’.
Questa volta è il turno di Vice, la rivista alternative che intitola un articolo “Cosa si prova a vincere milioni giocando a poker a vent’anni”, e comincia proprio chiedendo a Charlie della sua notorietà post-shippo.
“Era strano vedere la mia faccia ovunque per un po’. Ma non credo siano stati bravi a capire tutto di me” dice Carrel, riferendosi al fatto che i media hanno descritto il suo successo come se fosse una vittoria alla lotteria, non come uno sport che richiede anni di pratica e studio. “La cosa bella è che nessuno sa precisamente quanto è stato fortunato a vincere un torneo. Posso sicuramente pensare di aver giocato bene, ma i bias umani e le emozioni distorcono troppo il giudizio per poterlo dire con certezza.”
Un passo indietro nel passato: Vice chiede a Carrel di parlare di sé, e lui rivela di essere stato un bambino molto intelligente, che quando a 7 anni si è trasferito a Londra ha dovuto affrontare ciò che molti bambini intelligenti sono costretti ad affrontare: “Intelligenza e poche abilità sociali non è un gran mix. Ho subito grave bullismo per una gran parte della mia infanzia.”
Esperienze decisamente spiacevoli, ma che in un modo o nell’altro lo hanno formato per il suo futuro da pokerista, ci credereste?
“Avere un solo amico -il mio miglior amico Matthew Pettit- per lungo tempo ha rallentato molto il mio sviluppo emozionale e sociale. Ho creato un meccanismo di difesa, riesco a staccarmi dalle emozioni. Un esempio applicato al poker potrebbe essere che non sento mai stress quando arrivo ad un Final Table… posso spegnerlo. Sono molto grato per questo.”
Tutto è cominciato come per molti altri ragazzi della sua generazione: qualche partitina low stakes tra amici, poi il conto gioco online e il primo deposito da £10 per provare. Quei £10 sono diventati subito £30 e Charlie non ha mai più dovuto cliccare il tasto “deposita”.
Da £10 a £30, da £30 a £1.000, poi ancora di più, ancora di più, sempre di più, continuando a studiare per migliorare ancora. Dovrebbe bastare questo per far notare ai giornalisti del Sun o di LadBible che c’è una gran differenza con una lotteria.
“La mia vita sociale è stata annientata dal poker. Ho perso il contatto con più del 90% dei miei amici perché sapevo che il poker sarebbe diventato uno degli obiettivi più importanti della mia vita. Da Londra tornammo a Jersey [sua città natale ndr], avevo un bankroll di $2.500 e un obiettivo: non volevo lasciare quella città finché non sarebbero diventati $100.000. Quindi gli unici modi di socializzare erano i gruppi su Skype, i gruppi di studio. Non si può negare che le mie abilità sociali si siano deteriorate assieme alla mia vita sociale.”
Poi a 2/3 dal raggiungimento dell’obbiettivo arrivò il big shot: $201.711 al Sunday Million di PokerStars.
“Tutto ad un tratto mi cominciarono ad arrivare messaggi da gente che ho visto una sola volta a qualche festival, da alcuni dei bulli della scuola di cui parlavo prima, da lontani parenti a cui non avevo mai parlato, anche da completi estranei!”
Ovviamente nemmeno $1 è finito nelle tasche dei sopra nominati. Per festeggiare Carrel ha preso i suoi amici e li ha portati tutti ad Amsterdam. Tra questi il suo compagno di avventure/trasferte/poker Ben Heath.
“Potrei parlare di Ben per ore. È speciale. Dopo due anni che viviamo insieme, che viaggiamo insieme, non abbiamo avuto mai una sola discussione. Quello che amo del mio rapporto con Ben è come trattiamo gli swing. Quando ho bustato il torneo più grande che abbia mai giocato, £84.000 di buy in, la prima cosa che ha fatto è stato puntarmi il dito contro e ridere. E io avrei fatto lo stesso. Tra di noi funziona.”
Si trova anche il tempo di parlare delle WSOP, e della inaspettata assenza di Charlie dal festival del poker più importante del mondo.
“È stata una delle decisioni più difficili da prendere di tutta la mia vita. Ma ho potuto esplorare cose nuove come il ju-jitsu, la scrittura creativa o la cucina, e cosa più importante, ho potuto passare un po’ di tempo con la mia famiglia.”
Cosa c’è nel futuro di Charlie? È l’ultima domanda del giornalista di Vice e sinceramente dopo le ultime dichiarazioni abbiamo un po’ di paura a sentire la risposta. Ma non è detto che il poker uscirà dalla sua vita:
“Nel mio futuro? Non so cosa ci sia. Ho così tanti piani che sarà impossibile portarli al termine tutti. È proprio l’infinità di strade che può prendere il futuro che mi eccita!”