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Come si è evoluto il poker negli anni? Daniel Negreanu spiega le tre fasi chiave del Texas Hold’em!
Cavalcare la scena per un decennio e sentirsi ancora in discussione.
No, non parliamo di Phil Hellmuth (che a suo modo di vedere non ha ancora rivali nell’Hold’em) ma del suo amico/nemico Daniel Negreanu.
Il numero uno della all-time money list si è rimesso in gioco, tornando a studiare quella disciplina che gli ha regalato tante soddisfazioni a partire da quell’ormai lontano 1997.
Dnegs non si è mai fatto problemi ad ammettere la sua inferiorità tecnica al cospetto dei nuovi fenomeni del poker e in un recente podcast ha confessato di studiare una ‘terza via’, a metà tra G.T.O. e exploitative play, sebbene in passato abbia seguito solamente una delle due strade:
“Il mio cervello è stato sempre orientato sull’exploitative play, focalizzavo tutta l’attenzione sulla mia immagine, su quella che avevano gli altri, sui tell, sul timing…La gente mi ha permesso di fare quello che volevo preflop perché riuscivo a exploitare chiunque postflop!”
A detta sua, uno degli errori più comuni commessi dai player della sua generazione è quello di non aver ben chiaro in testa il modo in cui il gioco si è sviluppato. Per far capire al pubblico quanto fosse facile avere edge sul field nei primi anni 2000, Daniel tira fuori un esempio molto semplice:
“Tu apri da UTG e UTG+1 3-betta. In quegli anni era possibile stimare con precisione il suo range, composto da A-A, K-K, A-K e qualche volta Q-Q. A-Q alternava il flat al fold, mentre T-T, J-J e talvolta Q-Q si limitavano al call, stop. Ora immaginate un flop con 8-3-2 rainbow, checkiamo noi e l’avversario checka back. In passato c’erano giocatori contro i quali non aveva alcun senso metterli su un range di mani, perché era possibile attribuirgli con precisione una dannata mano: A-K. Infatti nell’esempio fatto poco fa non avrebbero mai checkato dietro con Assi, Kappa e Dame ma, dopo aver chiamato una 3-bet da quella posizione lo avrebbero fatto solo con quella mano. Insomma, se al turn non cascava Q o K il colpo era già in tasca. Ricordate quei video dove mi vedevate dire agli avversari: “Cos’hai K-9, Q-9, coppia di 6…” Le letture al tavolo erano molto piu facili prima semplicemente perché la gente giocava in modo straight forward.”
Dopo questa premessa Negreanu spiega quali siano, secondo lui, le tre fasi principali che hanno segnato un’epoca nel gioco che tanto amiamo:
“Il Texas Hold’em ha attraversato tre fasi differenti: all’inizio si giocava la nostra mano contro quella degli avversari. Come gioca la mia mano contro le mani che penso che gli altri abbiano? Dopo qualche anno la domanda è cambiata: come gioca la mia mano contro il range avversario? Ecco quindi che i nuovi regular cominciano a utilizzare programmi come Pokerstove, inseriscono i range e cercano di capire quando è giusto chiamare e quando no. Attualmente questo concetto si è evoluto a un livello ancora superiore e il modo in cui pensano i giocatori è: come gioca il mio range contro il tuo range? Quindi, invece di giocare la mano per quello che realmente è, uno pensa: cosa posso bettare qui, basandomi sulla totalità delle mani che posso avere in questa circostanza, al fine di non venire exploitato?”
La chiave del nuovo passaggio risiede nell’avvento dei solver ma attenzione, questo discorso vale solo a certe altitudini:
“Il gioco si è evoluto grazie ai solver, che hanno permesso a questi top geni di risolvere delle situazioni in modo accurato. Ai massimi livelli è questo il modo che gran parte dei giocati ha di intendere il poker. Nei tornei normali non è necessario giocare GTO, il gioco exploitativo funziona alla grande e non c’è granché di cui preoccuparsi: si può ancora giocare la nostra mano contro il range avversario per intenderci. Questo perché nei livelli più bassi sono davvero pochi quelli in grado di exploitarti usando questa strategia. Discorso diverso per gli high roller: ogni volta che provi a giocare la tua mano specifica contro il loro range e non range vs range diventi exploitabile, specialmente se gli avversari hanno un’idea chiara delle tue tendenze. Nel mio caso, dopo 20 anni di carriera, penso che gli avversari abbiano avuto modo di cogliere diversi aspetti del mio gioco, dai tell fisici alle tendenze in game, tutti elementi che hanno saputo sfruttare a loro vantaggio.”
La strada verso un gioco più orientato alla G.T.O. non sembra essere un male per Negreanu, anzi…
“Giocare G.T.O. significa bluffare tanto più di quanto non accada ora: se la maggior parte dei player giocasse così il poker sarebbe uno spasso!”
In ultima analisi, una piccola critica al giocatore più vincente del 2017 (main event WSOP a parte), un certo Bryn Kenney:
“Mi auguro che si renda conto che parte dell’autostima che ha raggiunto sia dovuta anche a alla run favorevole. Bryn Kenney sta agli antipodi di uno come Nitsche e quest’anno ha maturato una gran sicurezza, in parte grazie alla sua abilità ma non solo…Ricordo ad esempio un high roller da 100K all’Aria, lui raisa da UTG, chiamano CO e SB, Seiver 3-betta da BB, Bryn ‘jamma’ con 9-10 e Scott chiama con A-A. Inutile dire che a vincere il pot sia stato Kenney, che dopo questo monster pot riesce a chiudere al 2°posto. Un gran risultato che a prescindere dal colpo fortunato non sminuisce il suo spessore, ma nel poker le cose non vanno sempre così: ora vince questi colpi, fa risultato e sembra un genio, ma chissà in futuro…”
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