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L’impatto del Main Event WSOP su Dario e viceversa: come Sammartino ha rivoluzionato il torneo dei tornei
A chi ancora aveva qualche dubbio sul perchè il torneo dei tornei sia diverso da tutti gli altri, la deep-run di Dario Sammartino dovrebbe avere un po’ chiarito le idee.
Arrivare in fondo al Main Event WSOP, il torneo di poker più importante al mondo, è una esperienza unica, di quelle che toccano nel profondo, non solo per la cifra a 7 numeri incassata.
Una vera e propria valanga emotiva che travolge e trascina per lunghe giornate insieme ai compagni di torneo che giorno dopo giorno si sfoltiscono.
Nella sua splendida corsa per il secondo posto finale Dario ci ha fatto vedere l’impatto che il Main Event ha avuto su di lui già al Day7, dopo lo scoppio della bolla Final Table, col pianto liberatorio tra le braccia dell’amico Mustapha Kanit.
Ma per il nostro Super Dario, il bello che sconfina prima nel bellissimo e poi nel sublime doveva ancora arrivare.
Flashback to Main WSOP 2014
Quando vengo a sapere che Dario ha tagliato il traguardo del tavolo finale più prestigioso mi viene in mente che di questi tempi, cinque anni fa, passai con lui una pausa del Main Event WSOP nel retro del Rio, dove ci sono i tendoni per le pause dei dealer.
Nell’ultima mano prima del break Dario aveva perso diverse chips settando al flop contro uno dei tanti Tran di Las Vegas che aveva chiuso scala.
Era letteralmente fuori di sè. “Guarda che effetto mi fa questo torneo, non è come gli altri – mi disse mentre uscivamo, facendomi vedere la mano tremolante.
All’epoca dalla sua bacheca mancavano tanti dei successi inanellati in questo lustro ma la cosa mi fece una certa impressione.
Ancora di più però mi impressionò come un attimo dopo si fosse già calmato e vedesse il bicchiere mezzo pieno: “Comunque ho ancora 40bb e il Main Event ha una struttura fantastica…”
Tra me e me pensai che quello era l’atteggiamento giusto per arrivare lontano.
Godersi al massimo il sogno che diventa realtà
Nelle interviste prima del Tavolo Finale Dario ripete che è il sogno di una vita che diventa realtà.
E lui ci si abbandona alla grande, come deve essere quando hai la fortuna di riuscire a vivere il tuo sogno – una cosa immensa che capita ad alcuni e purtroppo non a tutti come sarebbe bello fosse.
Tutto quello che viene dopo, il calore degli amici-tifosi in curva, lo splendido rapporto con gli avversari, il delirio collettivo degli appassionati da casa, è solo una conseguenza del vivere il momento al massimo con cui Dario affronta il Tavolo Finale.
L’atteggiamento dà i suoi frutti. Cosa importa essere ultimo nel count quando stai vivendo il tuo sogno?
Dario non ha niente da perdere e ribadisce che al tavolo cercherà solo di giocare il suo miglior poker e di godersi il più possibile quanto sta vivendo.
Prendere il massimo, momento per momento: dopo l’incredibile rimonta centrata nel Day6 del torneo Sammartino ne trova un’altra e accede al Final Day.
Quando gli avversari diventano la tua famiglia
Intanto però gli avversari non sono più visti come tali. Le lunghe giornate passate al tavolo assieme, l’incredibile esperienza condivisa, il senso di essere dei sopravvissuti tra più di 8 mila iscritti creano un forte legame.
“Al tavolo siamo avversari ma ormai c’è una forte relazione che ci unisce. Dopo questa esperienza vissuta insieme, ormai siamo una famiglia”.
Questa secondo il giocatore azzurro è una delle principali differenze tra il Main WSOP e gli altri tornei:
“E’ talmente grande l’esperienza che viviamo e il tumulto che solamente noi che ci siamo dentro la possiamo capire, non si può spiegare a parole, neanche in italiano ci riuscirei. Ma noi finalisti sappiamo quello che stanno vivendo gli altri e per questo viene naturale supportarsi. Quando giochi le fasi finali dei tornei Super High Roller non è mai così, è più che gli altri ti odiano. Qui lo spirito con cui vai a giocare è molto diverso…”
Dopo l’ultimo showdown che spezza il sogno di Dario sul più bello, la delusione del napoletano è palpabile:
“Adesso non sono contento, domani lo sarò molto di più”
Ma quando parla del neo-campione il viso di Dario torna a illuminarsi:
“I love him, certamente volevo vincere ma sono davvero contento per lui, è lui il vincitore, bravo Hossein!”
Campione senza il braccialetto
Anche se la vittoria finale è sfumata per un soffio, Dario è comunque uscito vincitore.
In tre giorni ha fatto vedere cose che al Tavolo Finale del Main Event WSOP non si erano mai viste in tutta la storia del torneo.
Ha mostrato che si può giocare a poker in un tavolo in cui ballano milioni senza vedere gli avversari come nemici, ma anzi provando per loro una empatia che ti porta perfino a supportarli perchè ormai sono un po’ come la tua famiglia. E per questo loro ti arrivano a considerare come un fratello.
Non ha messo freni alle emozioni che lo attraversavano, alla faccia di maschere o poker face, senza farsi problemi a scoppiare in lacrime davanti a decine di milioni di spettatori collegati allo streaming (trenta milioni nei soli States, nella foto sotto il titolo si vede Dario consolato dai tifosi di Ensan dopo la sconfitta nel testa a testa).
In questo tavolo finale Dario ha fatto vedere il lato più umano del nostro splendido gioco e che esiste un modo per fare il professionista di poker alternativo rispetto a quello impresso nell’immaginario collettivo, fatto solo di freddi calcoli e massimizzazione della EV personale.
Per questo la partecipazione di Dario al Tavolo Finale ha lasciato un segno indelebile. Anche se il braccialetto non è arrivato, la lezione che si può essere vincitori anche senza fare primi resterà a lungo: quello di Dario sarà il secondo posto più ricordato della storia del Main Event, ne sono certo.