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Dario Sammartino e gli altri ragazzi italiani emigrati per giocare a Poker
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Dopo il fantastico secondo posto al Campionato del Mondo di Poker, Dario Sammartino ha pregato i media italiani di settore di dare risalto al fatto che risiede a Vienna e quindi non paga le tasse in Italia.
La precisazione era doverosa poichè al termine del torneo dei tornei, di solito, vengono fatti i conti in tasca ai finalisti, calcolando quanto resta loro del premio al netto della tassazione del paese di origine: i numeri circolati su Super Dario erano riferiti a quella italiana e dunque erronei.
La comunicazione di Sammartino ci dà però lo spunto di chiederci perchè tanti ragazzi italiani sono emigrati per fare (o continuare a fare) del poker un lavoro.
“Super-Dario” è la punta di un iceberg fatto di tantissimi pokeristi, più o meno conosciuti, che per essere professionisti di poker sono stati costretti a espatriare.
In Italia infatti le condizioni per poter vivere del gioco sono estremamente difficoltose, non solo da un punto di vista prettamente burocratico.
Vediamo subito perchè, non prima di aver chiarito cosa significa essere un professionista di poker.
Cosa significa essere professionisti di poker
Il poker è un gioco che premia l’abilità sul lungo periodo, con un ruolo preponderante della componente casuale sul breve.
Essendo più bravo degli avversari, dunque, un professionista ha la certezza di batterli nel lungo termine, mentre nel breve possono benissimo essere loro ad avere la meglio su di lui.
Oltre ad abilità squisitamente tecniche, che vanno dal calcolo delle pot-odds alla stima dei range avversari, un poker pro ne deve possedere altre, che potremmo definire meta-tecniche perchè vanno oltre il gioco giocato, come ad esempio l’abilità nel selezionare i tavoli giusti, il mindset e la capacità di gestire il bankroll, ovvero il capitale di cui dispone per giocare.
Questo è un aspetto fondamentale perchè per essere sicuro di vincere un professionista di poker deve essere in grado di scegliere le partite che gli garantiscono un profitto e accumulare importanti volumi di gioco che permettano alla sua abilità di prevalere, senza esaurire i fondi prima che ciò accada e senza che eventuali sfortune intacchino le performance.
Fuori dal tavolo un professionista di poker studia costantemente le principali innovazioni tecniche e il gioco proprio e degli avversari cercando di imparare dagli errori commessi e di implementare linee di gioco più funzionali a massimizzare i profitti e minimizzare le perdite.
Particolarità situazione italiana
Molti degli ostacoli all’esercizio del lavoro di professionista di poker dipendono da alcune particolarità della nostra situazione.
Sul versante del poker live, aspettando il regolamento dei circoli promesso oramai dieci anni fa, gli unici posti in cui si può giocare a poker nel pieno rispetto della Legge italiana sono le quattro case da gioco riconosciute dallo Stato.
Tutte e quattro si trovano al Nord e purtroppo la loro attività sul poker oggi è parecchio circoscritta: il casinò di Campione è chiuso da più di un anno, a Venezia non viene organizzato un torneo da tantissimo tempo, a Saint Vincent la situazione sembrava essersi sbloccata l’anno scorso ma ora è di nuovo tutto fermo.
Per questo, se c’è da giocare a poker dal vivo, tanti si rifugiano a San Marino o a Nova Gorica, in Slovenia giusto oltre il confine.
E anche sul versante del poker online il sistema concessionario instaurato dall’Italia ha mostrato i suoi limiti già sul breve-medio periodo.
Potendo giocare solamente nel mercato chiuso italiano, ai player è proibito il confronto con i giocatori del resto del Mondo: proviamo a immaginare nel tennis quanto potrebbero essere forti oggi Fognini e Berrettini se dall’inizio delle rispettive carriere avessero potuto scendere in campo solamente contro avversari italiani, senza mai incrociare la racchetta con i vari Federer, Nadal, Djokovic… Le lacune in termini di esperienza sarebbero palesi.
Negli ultimi anni inoltre la natura chiusa del mercato ha iniziato a farsi sentire dal punto di vista del minor traffico che ha portato a una notevole riduzione dei guadagni attesi dei giocatori: le prospettive per un regular italiano di poker online si sono drasticamente ridotte fino al punto che per alcuni, a fronte della riduzione della qualità della vita che comporta il mestiere di grinder, giocare per lavoro sulle poker room.it non ha più senso.
Ulteriori ostacoli poker live
La situazione dei professionisti di poker che giocano dal vivo è resa ancor più difficile dal fatto che in Italia il mestiere non ha un inquadramento normativo e i controlli dell’Ade sono spesso discutibili.
Gli effetti sono molteplici. Da un lato, per le vincite riportate in paesi fuori dalla Unione Europea, viene chiesto il pagamento delle tasse senza che i giocatori possano detrarre i buy-in spesi.
Ad esempio Mario Rossi va a Las Vegas per le WSOP e si schiera ai tornei quotidiani deep stack del Rio, gioca 10 tornei e va a premio in uno per 2.500$, su questa vincita deve pagare le tasse senza poter detrarre i 2.500$ che ha speso per iscriversi a tutti tornei giocati, che di fatto azzererebbero i conti.
Inoltre, per quanto possa sembrare una barzelletta, il fatto che l’AdE chieda il pagamento delle tasse solo per le vincite extra-UE deve quasi essere visto come una vittoria dei pokeristi: per anni, finchè la questione non è arrivata alla Corte di Giustizia UE, l’Agenzia delle Entrate ha continuato a inviare cartelle ai giocatori anche per le vincite all’interno dei confini europei, in barba al divieto comunitario di doppia imposizione.
La situazione di panico generata dalla cosiddetta Operazione All-in per i giocatori italiani di poker live è andata avanti per anni ponendo un chiaro freno a chi avesse l’aspirazione di fare il professionista in Italia.
Fermo restando l’ostacolo rappresentato dal poter giocare in piena legalità nei soli quattro casinò di Sanremo, Venezia, Saint Vincent e Campione, specialmente per chi vive al Sud.
Si capisce bene perchè tanti, di fronte alla scelta di dover fare i pendolari sistematicamente, abbiano preferito trasferirsi in paesi (UE ed extra UE) dove i casinò agiscono in regime di libero mercato e si trovano pressochè ovunque.
E soprattutto si capisce perchè in Italia, a parte alcune eccezioni che confermano la regola, ci sia una lacuna pressochè totale di professionisti di tornei live. Sotto questo punto di vista, guardando cosa dicono i risultati senza paraocchi, non si può fare a meno di arrivare alla conclusione che il movimento italiano è ancora acerbo se rapportato su scala mondiale.
Ulteriori ostacoli poker online
Dal punto di vista del poker online le cose sarebbero potute cambiare notevolmente se l’Italia fosse effettivamente entrata nella liquidità condivisa, ma dopo aver ospitato l’incontro decisivo e aver firmato l’accordo tutto è ancora fermo al palo.
L’adesione al mercato condiviso del poker online di Francia Spagna e Portogallo potrebbe portare enormi benefici per i giocatori sul breve-medio periodo, anche se permangono dubbi sulla sostenibilità sul medio-lungo periodo di un simile modello, allargato ma comunque sempre chiuso e circoscritto (FIRMA LA PETIZIONE per chiedere l’ingresso dell’Italia nella liquidità condivisa del poker online).
C’è inoltre l’incognita del reale impatto che l’allargamento avrebbe ora che sono entrate in vigore le discusse disposizioni del Decreto Dignità sul divieto totale di pubblicità, anche indiretta, per i giochi con vincite in denaro. Nuovi soggetti già attivi sul mercato condivisi ma assenti dall’Italia avrebbero chiare difficoltà a farsi conoscere nello Stivale.
Ma ciononostante l’allargamento del mercato condiviso farebbe sicuramente tornare in Italia tanti giocatori che sono andati all’estero per misurarsi con il field mondiale.
Dario Sammartino, ad esempio, da Napoli si era trasferito in Slovenia prima di approdare a Vienna, dove oggi risiedono anche Mustapha Kanit (passato prima da Malta e poi da Londra) e Gianluca Speranza.
Ma oggi le colonie di pokeristi italiani, sia live che online, sono disseminate un po’ in ogni angolo del globo, da Malta al Messico passando per la Tailandia, Las Vegas e i Caraibi. I motivi per cui gli italiani che vogliono fare i professionisti di poker si trasferiscono all’estero dovrebbero ora essere un po’ più chiari.