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Ha senso continuare a proibire i deal ai tavoli finali live?
Una nuova polemica e un sondaggio quasi inevitabile arrivano dal WPT.
Nel 2019 ha ancora senso proibire accordi ufficiali al final table per ridisegnare il payout? Perché i deal non sono possibili nei circuiti WPT e WSOP, mentre all’EPT è pratica assai diffusa? Ha senso proibirli in modo ufficiale quando poi i giocatori lontani dai tavoli si accordano ugualmente? Una serie di domande a cui cercheremo di dare risposta.
Ma andiamo con ordine. Il misfatto è accaduto al WPT Borgata. Come sempre i payout del World Poker Tour hanno la caratteristica di essere molto verticali: dunque scalini assai pesanti fra una posizione e l’altra, ma sopratutto una sacco di soldi che ballano fra il primo e il secondo posto. E sotto il profilo logico, può essere un ragionamento che non fa una grinza.
Il “Deal” non scritto
A tre left dell’ultimo WPT Borgata però, è successa una cosa alquanto singolare: i tre giocatori sono andati all-in praticamente al buio e il torneo si è chiuso in quel modo.
In pratica, seppur non avendo sottoscritto ufficialmente un deal, perché non possibili al World Poker Tour, è abbastanza chiaro che i tre giocatori si sono accordati “in segreto” per spartirsi la torta.
Quest’ultima non è una pratica vietata, ma vedendo come si è concluso l’evento viene da chiedersi se non è arrivato il momento di sdoganare gli accordi ufficiali al tavolo.
In primo luogo per evitare “pagliacciate“ di quel tipo, con un assurdo allin a tre al buio, che vanifica anche gli sforzi fatti dagli stessi players per giungere in fondo all’evento.
In secondo luogo per non intaccare lo spettacolo del tavolo finale e dunque non deludere chi sta seguendo da casa. Infine, accordi sotto la luce del sole evitano possibili dubbi o dietrologie.
Polemiche e sondaggio
Quello che è successo al WPT Borgata non è certo passato inosservato. In rete gli utenti si sono scatenati e come sempre si sono formate due fazioni: chi difendeva l’operato dei giocatori, invocando allo stesso tempo lo sdoganamento dei deal e chi invece ha attaccato i tre, sostenendo che i deal sono la morte di questo gioco.
Insomma due partiti ben distinti. A fare chiarezza e a creare un filo conduttore tra le due fazioni ha provato Matt Savage.
Il direttore del torneo del WPT ha deciso di lanciare un sondaggio direttamente dal suo account Twitter per cercare di capire “che aria tira” sull’argomento.
Non il classico sondaggio sì o no, ma una sorta di vero e proprio questionario: “Siete favorevoli all’introduzione dei Deal? – ha ‘cinguettato’ Savage – Se sì, per tutto il final table, oppure solo in heads up? Siete contrari al 100% agli accordi in un torneo? Volete il deal in diretta TV? Oppure dobbiamo salvaguardare la privacy dei giocatori? Se c’è deal per i soldi lo stesso deve accadere per i punti POY?“.
Come si evince sono molte le domande rivolte da Savage al pubblico. Ovvio che il parere dei giocatori non è in alcun modo vincolante, ma aiuterà il WPT a prendere una decisione chiara, una volta per tutte.
WPT e WSOP vietano deal ufficiali: ecco i motivi
Ma perché il WPT e anche le WSOP vietano i deal ai tavoli finali? Le motivazioni sono tante, ma simili per entrambi i circuiti.
Partiamo da un aspetto non indifferente e che tratteremo anche più avanti. La mentalità del poker negli USA è differente dalla mentalità pokeristica in qualunque altra parte del mondo. E proprio per questo motivo, i deal sono visti come una sorta di eresia. Ma al di la della mentalità, ci sono altri due aspetti da tenere in conto.
Il WPT ad esempio, elargisce ad ogni singolo campione il ticket da 15.400 dollari per la finalissima stagionale. In caso di deal a chi dovrebbe andare? Essendo un solo ticket la domanda è lecita.
Il secondo aspetto riguarda l’assegnazione dei punti per il POY. E qui il problema è identico anche per le WSOP. Ogni evento assegna dei punti per il POY.
Sia nel WPT che alle WSOP, chi vince il POY mette le mani su un determinato premio. Dai rispettivi quartier generali si chiedono: i deal rischiano di falsare la corsa nel POY? E in caso di deal, come ripartire l’assegnazione dei punti per il POY stesso?
Differenze USA – Europa sui deal
Come abbiamo visto se negli USA i deal non sono possibili, tranne con un accordo privato fra i giocatori stessi, in Europa tutto avviene alla luce del sole. L’EPT per esempio da anni concede la possibilità di fare accordi non solo nel Main, ma anche in tutti gli altri tornei.
Dicevamo prima, mentalità: negli USA ogni singola competizione prevede un solo campione, in qualunque disciplina o sport. Dunque anche gli accordi monetari sono visti come un qualcosa che danneggia la volata al titolo. Soprattutto, mette in discussione la competizione stessa.
L’EPT invece dà proprio la possibilità di ridiscutere il payout, fissando però alcuni paletti. Almeno nel Main Event, non vedrete mai deal alla pari: ovvero, il campione dovrà intascare una cifra superiore al runner up.
Di conseguenza nel momento in cui si discute il deal, una fetta del payout viene per così dire “congelata” dallo staff e dirottata sul primo posto. Proprio per salvaguardare il discorso della competizione e della vittoria.
Se stringiamo il campo dell’analisi all’Italia poi, viene quasi da sorridere. Vero che ultimamente il poker live nei casinò del Bel Paese è raro come l’acqua nel deserto, ma quante volte abbiamo visto dei deal in eventi targati made in Italy? Tantissime.
La mentalità italiana in questo senso è fin troppo esasperata sugli accordi finali e spesso abbiamo visto eventi anche di una certa importanza chiudersi con deal astrusi. Insomma fra Italia ed USA, su questo argomento, la differenza è come tra giorno e notte.
E voi che idea vi siete fatti? Siete favorevoli o contrari alla possibilità di deal ufficiali negli eventi live? Dite la vostra sul Club del Poker.