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I tipi di bluff da effettuare al flop
Il bello del Texas Hold’em, o meglio del poker in generale, è sempre stato il bluff.
Bluffare significa sostanzialmente indurre l’avversario a passare un punto superiore al nostro o, per esser più precisi, far passare quello che noi pensiamo sia un punto migliore del nostro.
Poco importa se si tratta di poker a 5 carte o poker texano, il bluff è sempre stato l’essenza di questo gioco anche se metterlo in atto nel modo migliore possibile non è sempre un gioco da ragazzi.
Specialmente nel Texas Hold’em, gioco assai complesso per via delle quattro strade di gioco esistenti (CLICCA QUI per l’approfondimento sulle singole strade di gioco), bluffare diventa ancora più difficile.
Ecco perché abbiamo scelto di dividere i bluff in tre categorie, uno per ogni strada del postflop: cominciamo la nostra rassegna partendo proprio dal flop…
C-bet in bluff o donk-bet
Il bluff più diffuso, che poi proprio bluff non è. Essendo il Texas Hold’em un gioco nel quale a farla da padrone, oltre all’equity intrinseca della mano c’è anche la posizione, puntare senza aver preso un pezzo del board non significa necessariamente bluffare.
In linea generale questo tipo di bluff può avvenire da entrambe le parti: sia dall’original raiser che sceglie di puntare dopo il check dell’avversario (o degli avversari nel caso di multiway-pot, anche se in questo caso le c-bet in bluff senza uno straccio di equity sono quasi inesistenti) che dal giocatore che ha chiamato il rilancio e prova a rubare il piatto anticipando la c-bet dell’original raiser.
Per un discorso di posizioni, la donk-bet (o bet dell’asino) è una mossa particolarmente svantaggiosa se la giocata non viene pianificata su più strade. Prendere l’iniziativa su un determinato board, specialmente quando ci troviamo a chiamare un rilancio altrui, ci espone enormemente. Motivo per cui è sempre meglio evitare di prendere linee alternative senza cognizione di causa, specialmente in bluff.
Dalla parte di chi rilancia, c-bettare board A-x-x/K-x-x/Q-x-x è quantomai standard e può capitare anche di venir chiamati e avere la mano migliore pur senza aver preso nemmeno una coppia. Ad esempio una c-bet con Q-Js su A-7-5, può benissimo venir chiamata da un progetto come 5-3/6-4 che, a carte viste, ha valore di showdown inferiore al nostro “Queen high”.
Dall’altro punto di vista invece, sperare di far passare l’original raiser con una mano completamente a caso anticipando la sua puntata è particolarmente difficile. Se si vuole proprio sperimentare, meglio farlo con mani che hanno un po’ di equity, come draw o backdoor, che possono migliorare nelle strade successive e dare un senso alla nostra giocata.
Check-raise o raise su donk-bet
Il principio che sta dietro queste scelte è il medesimo. Un giocatore dichiara forza e l’altro risponde a sua volta col fuoco.
Il check raise al flop è uno dei bluff più comuni, molto utilizzato in passato anche in virtù dell’altissima frequenza di c-bet post flop (belli i tempi in cui bastava aprire e c-bettare per vincere i piatti eh…) e sicuramente un’ottima arma anche ai giorni nostri.
Gli elementi da tenere in considerazione per effettuare un check-raise in bluff sono ovviamente lo stack effettivo in gioco, le posizioni, la texture del board e il nostro range percepito.
Se ci troviamo, ad esempio, a check-raisare l’apertura di Cut Off dopo aver difeso il BB su un board come 2-5-6, le probabilità di trovare un fold (a prescindere da quel che abbiamo in mano) saranno sicuramente più alte rispetto alla stessa mossa su board A-Q-5.
Questo semplicemente perché nel nostro range di difesa ci saranno molte più coppie, doppie coppie, scale e progetti vari di quanti non ve ne siano in quello dell’original raiser, che invece sulla seconda texture ha netto vantaggio di range avendo tutti gli A-x e le Q-x.
Ovviamente si tratta soltanto di un esempio, quel che ci interessa in questa sede è parlare delle tipologie di bluff e il nostro check-raise al flop può esser effettuato sia basandoci semplicemente sul flow della partita e sulla texture del board in base a posizioni e stack, pur non avendo uno straccio di equity, sia con una mano che ha dell’equity e che può quindi migliorare nelle street successive (semi-bluff).
Può capitare anche di trovarsi a rilanciare su una donk bet esattamente per le medesime considerazioni fatte sopra sui range percepiti. Se il nostro avversario, ad esempio, mostra una particolare inclinazione a donk-bettare quando prende bottom, middle value o più semplicemente ha una mano con equity, optare per un raise su una texture che avvantaggia il nostro range, pur non avendo del valore in mano, potrebbe essere al mossa migliore.
Si tratta ovviamente di giocate exploitative che vanno ben ponderate in base alle informazioni che abbiamo sugli avversari al tavolo, che vanno comunque prese in considerazione seppur non così frequenti.
Se non sapete bene come difendervi da una triple-barrel in bluff, forse è il caso di DARE UNO SGUARDO QUI