Quanto conta la fortuna nel Texas Hold’Em? Risponde la University of California (forse)

Un dibattito vecchio quanto il Texas Hold’Em: conta più la fortuna o l’abilità? 

La risposta di pancia, per tutti noi, sarà sicuramente “Skill!”, sapendo da sempre che il poker è un gioco di abilità, dove le nostre scelte nel lungo termine possono renderci giocatori vincenti o perdenti.

Eppure siamo tutti anche familiari con il concetto di varianza, e riconosciamo l’esistenza di un’entità casuale che incide nei nostri guadagni.

Insomma, né scacchi né bingo. Il poker è un gioco dove entrambi i fattori sono reali, il dubbio è capire quale dei due abbia l’impatto più significativo.

La tesi della University of California

Ambisce a rispondere a questa domanda la tesi “Quantification of Luck and Skill in Poker Via Simulations and Expected Value Computation” di Mingzhe Xu della University of California di Los Angeles.

Si tratta di uno studio che mira esattamente a quantificare l’impatto di fortuna e skill nel poker giocato, attraverso la computazione di dati reali. A dire il vero, il focus probabilmente era più sulla capacità di programmazione, ma i risultati possono essere un interessante spunto di riflessione.

È doveroso, però, notare che ci sono numerosi elementi che rendono decisamente meno affidabili i risultati dello studio. Prima di tutto, le mani sono state raccolte tra il 2008 e il 2009, quando il gioco era completamente diverso da oggi, e nonostante siano stati collezionati più di 26 milioni di spot, per difficoltà di calcolo alla fine il campione si è ridotto a sole 227.

E non è tutto: queste 227 mani sono state selezionate secondo alcuni criteri che per forza di cose escludono molti scenari estremamente comuni nel poker. Le mani devono avere 4 round di puntate e arrivare allo showdown (escludendo tutti i fold in ogni street!), avere due giocatori alla fine della mano (niente multiway) e che siano conosciute entrambe le mani dei giocatori.

Ultima cosa importante prima di passare ai risultati dello studio: la definizione di fortuna e abilità. Nella tesi vengono considerati equity (termine a noi familiare) ed expected profit, qui spiegato come l’aumento di equity meno le spese sostenute durante quella street.

La fortuna allora diventa “Il cambiamento del profitto atteso di un giocatore dovuto alle carte uscite” e le skill “Il cambiamento del profitto atteso dovuto alle decisioni di un giocatore”. 

I risultati:

Questa tesi, quasi controinuitivamente, fornisce risposte che indicano come la componente abilità sia più alta della fortuna all’inizio della mano, mentre proseguendo nel colpo verso il river sia l’alea ad avere la meglio.

Preflop c’è un equilibrio 80%-20% tra skill e luck, che in dollari in media si traduce con $18,98 vinti con l’abilità e $4,76 con la fortuna. Sarebbe interessante sapere oggi, dove tutti hanno range più delineati, come potrebbe cambiare questo dato.

Passando al flop, abilità e fortuna si avvicinano con 42,4%-57,6%, e il guadagno medio è rispettivamente di $27,61 e $20,32. Anche al turn le skill restano in vantaggio, ma la tendenza è chiara: 53,5% contro 46,5%, per $35,85 vinti di bravura e $31,11 di fortuna.

Al river infine la proporzione si inverte, con le skill che scendono a 46,3% ($52,12) contro la casualità che passa in vantaggio a 53,7% ($60,36).

Tirando le somme quindi, la conclusione dello studio è che il 43,8% dell’expected profit assoluto totale sia attribuibile alla fortuna, mentre il 56,2% all’abilità, che avrebbe quindi un ruolo più importante nel vincere partite di poker Texas Hold’em.