Per avere risultati a poker uno ‘sparring-partner’ è fondamentale, parola di Gus Hansen

É stato una delle stelle di prima grandezza della “età d’oro” del poker.

Allontanatosi dal tavolo verde anche in seguito al Black Friday, Gus Hansen si è riavvicinato alle due carte di recente, prima con la comparsata al WPT e poi con l’ingresso nel team pro della room d’Oltralpe che vede anche il nostro Mustapha Kanit tra le sue fila.

Nel suo blog personale il danese ha fatto il punto della sua trasferta alle World Series Of Poker chiusa con il segno meno. Hansen si interroga sul da farsi per conquistare il braccialetto, arrivando a una conclusione che per tanti non sarebbe per nulla scontata.

Il bilancio WSOP

Il danese inizia con lo scrivere che queste World Series Of Poker per lui sono state molto diverse da quelle del suo passato più recente.

“Il volume dei miei tornei giocati è aumentato in modo significativo ultimamente. In pratica sono passato da uno o due MTT l’anno a ben sei eventi consecutivi nell’ultimo terzo delle World Series. Il risultato è misto, sia dal punto di vista dei sentimenti che da quello delle vincite. Due in the money non sono assolutamente orribili, ma non sono nemmeno ottimali. Per iscrivermi ai tornei ho pagato $155.000 in totale, recuperando $ 91.000”

Per la cronaca, Hansen ha chiuso al 71° posto il 25k PLO High Roller WSOP per 50.211$ di premio e all’ottavo posto il 10.000$ Championship Mixed Games per una moneta da 39.167$.

Gli aggiustamenti

Hansen si chiede poi quali siano gli aggiustamenti possibili per arrivare ai braccialetti.

“Una soluzione semplice sarebbe, ovviamente, quella di giocare molti più tornei: questo aumenterebbe sicuramente le mie possibilità di vincere un bracciale WSOP. Ma non è questa la strada che voglio intraprendere. Una migliore preparazione lontano dai tavoli e decisioni migliori prese al tavolo: questo è ciò che serve per avere successo nel mondo del poker. Ho del lavoro da fare. Devo dedicare tempo e fatica, devo analizzare e studiare, devo ritrovare la concentrazione, la forza mentale e la disciplina. Fondamentalmente tutto si riduce a due parole: lavorare sodo! Dipende solo da me e credo sinceramente di essere sulla strada giusta.”

Lo sparring partner

Il danese sostiene poi che per la formazione di un pokerista è indispensabile avere uno “sparring partner”:

“É fondamentale avere al fianco qualcuno con cui possiamo discutere, che sia un allenatore, un mentore, un amico, un collega o tutte queste figure nello stesso momento. Qualcuno con cui scambiare idee, qualcuno che possa delineare strategie alternative alla nostra e che, grazie a un diverso punto di vista, possa evidenziare le nostre mancanze e i nostri errori per rimetterci sulla retta via.”

Il ruolo di ‘Naza’

Nel team pro di cui adesso fa parte, il danese ha subito individuato chi può ricoprire questo delicato ruolo:

“João Vieira è uno di questi giganti. E il fatto che condivida con me la stessa passione per i formati di poker “misti” e tutte le varianti esistenti lo rende ancora più unico. Potrei continuare ancora per qualche pagina ad elencare tutte le qualità che rendono João – a mio avviso – uno dei migliori giocatori di oggi, ma preferisco mantenere un po’ di suspense. Tornerò presto sull’argomento, con qualche informazione in modalità “insider”, promesso!”