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Metroxpress: L’inchiesta sul doping nel poker
Mercoledì 27 Ottobre, il quotidiano danese Metroxpress ha pubblicato un articolo sull’uso di droghe da parte dei giocatori di poker, basandosi sui dati di un sondaggio svolto a livello internazionale dalla Nova Southeastern University della Florida.
Secondo quanto è emerso dallo studio condotto e riportato dal quotidiano , quasi l’ 80 per cento dei giocatori di poker d’età compresa tra 20-30 anni , assumono farmaci ed altre sostanze stimolanti per migliorare le loro prestazioni al tavolo verde.
Il doping nel poker sarebbe diffuso su larga scala; :”La perseveranza è importante per qualsiasi giocatore di poker, perché il gioco può andare avanti per ore”, afferma il Professor Kevin Clauson, uno dei ricercatori che ha condotto lo studio, ” i giocatori di poker possono utilizzare alcuni stimolanti per rimanere svegli, calmare i nervi e migliorare la concentrazione e la capacità di memoria”.
L’indagine conferma ciò che uno dei maggiori centri di cura danesi aveva sperimentato lo scorso anno nell’incontro con alcuni giocatori compulsivi.”Il rapporto tra i giochi e le droghe è in evoluzione, il poker è un gioco in cui le prestazioni fisiche e mentali sono spinte al limite e quindi vediamo che molti giocatori con problemi di dipendenza diventano anche tossicodipendenti” afferma Magnus Larusson
L’indagine è stata condotta nel giugno 2010 tra i professionisti, i semi-professionisti ed i dilettanti in Nord America, Europa e Asia, con una maggiore percentuale di soggetti di sesso maschile. Molte le polemiche soprattutto relative all’indicazione delle sostanze che verrebbero utilizzate, visto che la maggior parte degli intervistati ha ammesso di avere assunto caffeina e solo una piccola percentuale ha ammesso l’uso di cocaina. Le altre sostanze, che secondo altri studi verrebbero assunte dai poker players sono le anfetamine, il valium o il ritalin, ma anche la marijuana o le bevande energetiche.
I dati di questa inchiesta differiscono molto rispetto ad altri studi condotti ed in ogni caso il gruppo di studio si è dimostrato ristretto, contando appena 200 soggetti, pochi per affermare che la percentuale di giocatori che ricorrono alle droghe sia effettivamente cosi alta, come viene fatto trapelare nell’articolo del quotidiano.