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I miti del poker: Stu Ungar
“È possibile che verrà un giorno in cui qualcuno sarà un giocatore di poker No Limit migliore di me. Ne dubito, ma è possibile. Ma non ci sarà mai un giocatore di Gin Rummy migliore di me. E soprattutto non ci sara’ mai un giocatore vero come me.”
Una sintesi perfetta di una leggenda del poker qual è Stu “The Kid” Ungar.Stuart Errol Ungar nasce nel 1953 nel Lower East Side di Manhattan, New York e, con un padre bookmaker che gestisce un bar-club nel quale è possibile giocare anche d’azzardo, il suo destino sembra essere già segnato.
Nonostante i tentativi di Isadore di tenere il figlio ben lontano da quelle sale, Stu inizia molto presto a giocare a gin rummy collezionando i primi successi, infatti a soli 10 anni vince un torneo locale: un vero bambino prodigio.
Quattro anni dopo, in seguito alla morte del padre, il giovane Stu diventa “l’uomo di casa” e per aiutare madre e sorella decide di abbandonare la scuola per dedicarsi a tempo pieno al gioco; sponsorizzato ad un torneo da $500 gonfia le sue tasche con ben 10.000 bigliettoni!
Purtroppo Stu non sa resistere al richiamo dell’ ippodromo Aqueduct dove, scommettendo sui cavalli, perde molto più di quello che vince con le carte. I debiti collezionati lo costringono a lasciare la Grande Mela, direzione Miami, culla del gin rummy, ma anche qui la storia si ripete: le vincite al gioco vengono automaticamente fagocitate dalle scommesse.
Ungar si trasferisce a Las Vegas, dove la sua stessa reputazione di giocatore lo costringe ad abbandonare la sua specialità. Nessuno vuole sedere al tavolo di chi ha sconfitto i più grandi professionisti di gin rummy, tra cui Harry “Yonkie” Stein, il più grande dell’epoca. Nessuno vuole giocare contro con chi è così sicuro della propria superiorità da offrire vantaggi ai proprio avversari per rendere più equa la partita, ad eccezione di un baro che si racconta abbia sfidato Stu…ed ha perso, pur praticando la sua “arte”.
Molti casinò sono arrivati a pagare Ungar per non farlo più giocare, perché molti non volevano iscriversi ai tornei (il gin rummy era praticato più in questa formula che in quella di scontro testa a testa ) dove c’era lui, un giocatore che gode nel vedere gli avversarsi che perdono il controllo durante la partita e lo guardano con gli occhi carichi di disperazione.
Stu decide allora di cimentarsi nel Blackjack, sfruttando il binomio vincente tra un QI (quoziente intellettivo) a livelli invidiabili e una formidabile memoria fotografica, tale da permettergli di contare tutte le carte mancanti, con un sabot di partenza che ne contiene 312, pari a sei mazzi.
Una qualità di certo non amata nei casinò, che l’hanno ben presto bandito dalle sale, con tanto di foto “segnaletica” in mostra.
Si racconta che una sera al Caesar Palace si sia dovuto fermare a $83.000 di vincita, solo perché il manager della sala lo ha fermato, o ancora che ha vinto $100.000 scommettendo con Bob Stupack (proprietario di un casinò) di riuscire a contare tutte le carte del sabot di blackjack, riuscendo ad indovinare le ultime tre.
Intanto Stu inizia a bazzicare anche i tavoli di poker e nel 1980 si iscrive alle World Series of Poker. Il risultato? Ovviamente una vittoria nel Main Event (bissata l’anno seguente), che gli vale anche il titolo di “The Kid”, il “ragazzino” di 27 anni che diventa il più giovane campione del mondo della storia (record battuto nel 1989 da Phil Hellmuth).
Stud, finanziariamente parlando, è in una corsa perenne sulle montagne russe, ma riesce a trovare un punto fermo nella sua famiglia: una moglie, Madeline, un amato figlio acquisito, Richie, e la tanto voluta Stefanie. Purtroppo un tragico evento segna un punto di non ritorno per Ungar; dal momento in cui Richie viene trovato impiccato in una camera d’hotel seguono il divorzio e la cocaina.
Da “sostegno energizzante” per affrontare le lunghissime sessioni di poker a pericoloso “strumento di evasione” il passo è breve e lo dimostra ciò che accade alle WSOP del 1990. All’inizio della terza giornata Stu, chip leader, non si presenta al tavolo perché giace privo di sensi sul pavimento della sua camera dopo una notte di eccessi di cocaina e acidi; nonostante l’assenza le chip accumulate gli permettono di collezionare il nono posto!
Stu sembra perso nel buio di un tunnel fatto di droga, alcool e scommesse, altalenando tra lo status di milionario e la bancarotta, ma nel 1997 decide di risalire sul palco delle World Series of Poker.
Finanziato dall’amico di sempre, Billy Baxter, versa i $10000 di buy-in del Main Event e, inforcando un paio di occhiali tondi blu cobalto (forse per nascondere come gli abusi l’hanno segnato fisicamente), dimostra la lucidità mentale di sempre, Ricordiamo l’ultima mano del torneo contro John Strzemp, imprenditore di Las Vegas.
Ungar, con A-4, risponde andando all-in ad un raise di Strzemp, che mostra A-8.
Flop A-3-5
Turn 3
River 2
La scala incorona campione del mondo per la terza volta Stu che dedica la vittoria all’amata figlia Stefanie e diventa “The Comeback Kid”, essendo trascorsi sedici anni dal primo successo.
Pochi mesi e la vincita si dissolve con i vizi di sempre fino al tragico epilogo: Ungar viene trovato morto nella sua stanza dell’Oasis Motel a Las Vegas, stroncato da un attacco cardiaco dopo anni di abusi. È il 22 novembre 1998.
Nonostante le vincite milionarie (si parla di almeno 30 milioni di dollari), Stu non lascia nessun bene materiale a suo nome ma l’eredità più grande è costituita dai ricordi impressi nella memoria di chi l’ha conosciuto: un uomo generoso sempre, a volte fin troppo, e con tutti, ma di certo non al tavolo, dove maltrattava spesso i dealer (a cui non mancavano le mance) e cercava di sconfiggere gli avversari nel peggior modo possibile.
Unico giocatore ad aver conquistato sul campo tre titoli mondiali (la prima delle tre vittorie di Jhon Moss è per voto popolare), nella sua carriera ha collezionato complessivamente cinque braccialetti e numerose vittorie in altre competizioni, come ad esempio tre edizioni dell’ Amarillo Slims Super Bowl of Poker (all’epoca secondo torneo al mondo per importanza).
Un libro, One of a Kind: The Rise and Fall of Stuey “The Kid” Ungar, The World’s Greatest Poker Player, e un film, High Roller: The Stu Ungar Story (2003) cercano di ripercorrere la vita di colui che ha incarnato senza dubbio il paradigma del “genio e sregolatezza”.