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Lo ‘chef’ Martin Jacobson: “Avrei voluto giocare subito il final table del Main Event WSOP…”
Un po’ di pressione addosso, inevitabilmente, inizierà già a sentirla. Certo, c’è un’estate di mezzo, un EPT a cui certamente parteciperà e un pizzico d’autunno prima di tornare a quel tavolo che, finora, gli ha garantito almeno 730,725 dollari.
Eppure Martin Jacobson, soprannominato ‘the italian crusher’, si aspetta molto di più dal final table del main event WSOP, dato che si troverà davanti 35 big blind e un’esperienza certamente superiore rispetto ai suoi otto avversari. Fattore che, indubbiamente, dovrà cercare di far pesare, carte permettendo.
Dopotutto il biondo svedese, cresciuto in una piccola isola vicino a Stoccolma, è il giocatore con più profitti live della sua nazione (5,538,041$), nonché dotato di un talento cristallino, oltre a un atteggiamento serafico e rilassato al tavolo, dimostrato negli anni trascorsi sullo European Poker Tour.
In questi giorni, in un’intervista rilasciata a Calvinayre.com, ha raccontato molto di sé, rivelando anche dettagli divertenti e una poca propensione alla matematica, disciplina non secondaria per un giocatore professionista.
“Non amavo molto la matematica, alle superiori scelsi una scuola in grado di formarmi professionalmente: frequentai così una scuola culinaria. Nel 2006 mi diplomai e cercai lavoro nella mia città. Nel 2007, da militare, cucinai per la Marina e dopo lo feci in un ristorante di Stoccolma. Iniziai a giocare a poker per hobby, riuscendo a farlo diventare un divertimento profittevole. Mi piaceva poter praticarlo professionalmente, ma a quel tempo non era una possibilità concretizzabile. Continuai comunque a studiare il gioco e a grindare, perché avevo aspirazioni alte”.
Sostiene poi di non sapere bene che fare del futuro, in quanto gli piace vivere alla giornata. Cambia spesso i suoi obiettivi, dunque non ha programmi predefiniti. Ai tempi della scuola pensava di voler poi investire nella ristorazione, ma gli sono sorti dubbi vedendo lo stress dei proprietari dei locali nei quali ha lavorato.
“Mi era venuto in mente sei mesi fa, durante un viaggio tra Australia e Nuova Zelanda, di aprire un fast food di cibi salutari, poi andai a Melbourne per l’Aussie Millions, andò tutto per il verso giusto e cambiai quindi nuovamente obiettivi…”.
La sua carriera, come quella della maggior parte dei professionisti, ha conosciuto sì alti ma anche bassi e Martin spiega così i suoi momenti bui: “Fortunatamente non ho avuto downswing troppo brutali, quando succede, però, non è divertente. Cominci a farti domande su te stesso, sul tuo poker e sull’etica di lavoro. Arrivi a chiederti se tornerai a vincere e se il gioco sia ancora battibile…”.
A novembre, in occasione del tavolo finale, andranno a seguirlo in Nevada i suoi familiari e alcuni amici. E pensare che, prima del bellissimo main event, aveva fatto appena un paio di itm in circa 30 tornei giocati alle WSOP.
“Non stava andando benissimo. Ho fatto final table al 10,000$ Six-Max, ma con solo quella vincita, comunque, non sarei riuscito a coprire tutte le spese fatte. Però c’era il main event: è una bella sensazione sapere che c’è sempre una possibilità per sistemare le cose prima della fine…”.
Riguardo al tavolo finale che lo aspetta, dunque, Martin racconta di essere tutt’altro che nervoso.
“Non sento alcuna pressione, so di avere più esperienza di tutti. Mi sarebbe piaciuto però giocare la finale il giorno dopo, perché in questi quattro mesi i miei avversari avranno la possibilità di prepararsi a dovere. Guardando la loro carriera, infatti, in pochi possono vantare una grande esperienza in tornei live…”.