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Strategia

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il 9 Set 2010

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Guida al Poker a cinque carte all’italiana

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Il poker che normalmente la maggior parte dei giocatori pratica in Italia (e in gran parte d’Europa) è semplicemente una variante del poker classico, il Draw Poker (quello che ogni tanto si vede nei film western, per intenderci).
La differenza sostanziale tra il poker italiano e quello americano consiste nel numero delle carte: mentre nel poker americano si gioca sempre con un mazzo di 52 carte (anglo-francesi) qualunque sia il numero dei giocatori (in ogni caso da 2 a 8), in Italia il numero delle carte varia in funzione del numero dei giocatori.

Il poker italiano in genere si gioca in quattro o in cinque (più raramente in sei e quasi mai in tre). Nel giocatissimo Texas Hold’em, una moderna forma di poker, il numero varia da 2 a 10 giocatori (talvolta anche fino ad 11).
Per calcolare il numero delle carte con cui giocare, e sapere quindi quali carte sono ammesse, si effettua la seguente semplice regola: sottrarre dal numero 11 il numero dei giocatori.

Così ad esempio, giocando in quattro: 11 – 4 = 7  si giocherà pertanto con un mazzo di trentadue carte i cui valori sono compresi tra asso e 7. In cinque giocatori invece si giocherà con trentasei carte, dall’asso al 6. E così via.

Una conseguenza diretta dell’adottare il mazzo ridotto è che il full diventa più facilmente ottenibile del colore, ed infatti in Italia si gioca con l’anomalia del colore che batte il full.
A voler essere precisi, se cambiano le probabilità di ottenere le combinazioni, bisognerebbe cambiare il valore relativo delle stesse. In particolare chi ha buon senso con 52-48 carte dovrebbe giocare con il full che batte il colore, con 44-36 carte con il colore che batte il full e con 32-24 carte (udite, udite) con il colore che batte anche il poker!

C’è un’altra caratteristica che contraddistingue il poker italiano da quello classico: si usa cambiare al massimo quattro carte, mentre nel poker classico se ne possono cambiare anche tutte e cinque (sebbene in quest’ultimo caso non si tratti mai di una scelta conveniente).

Combinazioni del poker italiano

Ecco le combinazioni del poker italiano, in ordine dalla più bassa alla più alta:

  1. carta più alta
  2. coppia
  3. doppia coppia
  4. tris
  5. scala
  6. full
  7. colore
  8. poker
  9. scala reale

Si ricordi che in qualsiasi forma di poker non si deve tener conto del seme per la determinazione di una mano, in altre parole il seme non ha alcuna rilevanza; ogni usanza diversa è da ritenersi del tutto errata, anche nel Draw Poker a mazzo ridotto (cioè quello italiano).

In pratica si tiene conto solo del valore delle carte, che in ordine dal più alto al più basso è costituito da: A-K-Q-J-10-9-… e così via. Ciononostante, questa importante osservazione non viene rispettata quando si gioca all’italiana. La valutazione dei semi fa sì che non possano esistere combinazioni con lo stesso valore, per cui ad ogni giro ci sarà sempre un solo possessore della combinazione più alta. In altre parole nel poker italiano non esiste il pot-split.

Facciamo un esempio:

contro

Se queste due scale al re fossero le combinazioni più alte in una mano, i possessori di queste due combinazioni che siano andati a vedere tutti i rilanci potrebbero (e dovrebbero) dividersi il piatto; ma se si tiene conto del seme delle carte allora le due scale non hanno lo stesso valore e il possessore della scala al re di cuori risulta l’unico vincitore.
Ricordiamo che la gerarchia dei semi, dal più basso al più alto, è la seguente:

Andiamo ora a vedere come si giudica il vincitore di una mano con combinazioni equivalenti eliminando il caso di pareggio ossia tenendo conto della gerarchia dei semi:

  1. fra due (o più) mani in cui siano presenti carte tutte spaiate, vince la mano in cui è presente quella più alta; se quella più alta è in comune vince la successiva più alta e così via; se sono uguali tutte le carte di entrambe le mani allora si guarda il seme della carta più alta.
  2. fra due coppie dello stesso valore vince quella mano in cui fra le restanti tre carte vi è la carta di valore superiore; se anche questa è uguale per entrambe le mani, si guarda la quarta e se anche questa dovesse essere uguale si guarda la quinta; se è uguale anche la quinta si guarda il seme della carta più alta fra le tre spaiate.
  3. fra due doppie coppie in cui la maggiore sia uguale vince quella che ha la coppia minore di valore più elevato; nel caso in cui sia la maggiore che la minore sono uguali vince quella che ha la quinta carta (cioè quella isolata) migliore, la quale dovrà necessariamente discriminare il vincitore almeno per seme nel caso in cui il valore numerico dovesse essere uguale.
  4. fra due (o più) scale uguali vince quella in cui la carta di valore più elevato appartiene al seme di rango migliore.
  5. fra due (o più) colori vince quello del seme di maggior pregio (anche se di norma dovrebbe vincere quello in cui è presente la carta più alta, ed eventualmente guardare il seme solo in caso tutte e cinque la carte siano uguali); fra due colori dello stesso seme vince quello in cui si trova l’asso, ma va osservato che questa rara possibilità si ha soltanto giocando in sei, quando cioè, di ogni seme, vi sono dieci carte.
  6. fra due scale reali uguali vince quella del seme di rango migliore.

Si noti che la valutazione del seme non è contemplata per decidere il vincitore fra due o più tris, full e poker in quanto non possono esistere due mani in cui siano presenti due tris/full/poker uguali.

Consideriamo ora questa favolosa combinazione, che molti giocatori di poker avranno spesso sognato ma mai visto realizzarsi durante una partita:

Si tratta della scala reale massima a cuori; in pratica la combinazione più elevata del poker. Il possessore di questa combinazione dovrebbe avere la sicurezza matematica di vincere la mano. In questo caso, allora, verrebbe a mancare l’elemento tipico del poker: cioè il rischio. E’ proprio per evitare ciò che si esclude la possibilità che esista al poker una combinazione sicura. In che modo? Semplicemente decidendo che anche una scala reale massima possa essere battuta. Il problema è stato risolto attribuendo alle scale reali un valore che potrebbe essere definito ciclico. Cioè:

  • la scala reale massima batte la media
  • la scala reale media batte la minima
  • la scala reale minima batte la massima

Osservazione: nella rarissima eventualità che in una mano si verifichino tre (o più) scale reali, di cui almeno una minima, una media e una massima, non potendo stabilire il vincitore attraverso il valore ciclico si guarda il seme.

Svolgimento di una partita di poker

E’ consuetudine giocare con l’invito, la piccola somma fissa che ogni giocatore versa prima di ogni mano per entrare in gioco. L’invito è stabilito di comune accordo tra i giocatori e non cambia per tutto il corso della partita. Quella dell’invito è una pratica che a volte si usa per rendere appetibile il piatto fin prima della prima puntata; va da sé che più alto è l’invito più acceso sarà il gioco, dato che meno volentieri i giocatori saranno disposti a passare.

Si decide se giocare pot-limit (cioè le puntate e i rilanci non possono superare l’ammontare del valore presente nel piatto in quel determinato momento) o no-limit (cioè con il solo limite dei propri resti). Col no-limit un giocatore può effettuare una puntata utilizzando al massimo il valore delle fiches che ha davanti a sé in quel momento: questa soluzione si adotta spesso per limitare il gioco ed evitare mani troppo alte rispetto alla media di quelle giocate; un giocatore che sia rimasto con poche fiches, però, può decidere di vedere la puntata molto alta di un giocatore rischiando al massimo le fiches che ha davanti a sé.

Nel gioco con i resti, pertanto, è buona norma che i giocatori tengano sempre bene in vista le proprie fiches, in modo che ogni giocatore possa vedere sempre di quanto dispongono gli avversari. Il pot-limit è generalmente più usato.

Una volta sorteggiati i posti al tavolo, e chi dovrà fare le carte per primo, il mazziere distribuirà, una alla volta, cinque carte a ciascun giocatore, partendo dal primo giocatore alla sua sinistra e procedendo in senso orario. E’ vietato in modo tassativo distribuire le carte in mazzetti di più carte alla volta.

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Perché il gioco inizi è necessario che un giocatore effettui l’ “apertura”, e per poterlo fare deve avere in mano almeno una coppia di J, o qualunque altra combinazione più alta (“Jacks or better”), e mette nel piatto una somma in fiches (che non può superare la cifra rappresentata dal piatto, infatti può aprire al massimo di una cifra uguale al piatto). In ogni caso si deve tenere ben presente che l’apertura non è obbligatoria pur avendone la possibilità. Viceversa, se non si ha la possibilità di aprire è considerata una grave mancanza aprire lo stesso; ed è per questo motivo che, una volta terminata una mano, è diritto dei giocatori chiedere al giocatore che ha aperto di mostrare l’apertura.

Il giocatore che ha aperto deve conservare presso di sé l’eventuale scarto necessario a dimostrare la validità della sua apertura; nel caso in cui ciò non sia stato possibile (perché il mazziere è stato costretto a mischiare gli scarti per servire un altro giocatore) deve comunque poter annunciare al tavolo il seme e il valore delle carte scartate.

NB: In alcuni tavoli, invece, il giocatore che scarta l’apertura o parte di essa deve annunciarlo al momento del cambio, e il suo scarto non sarà mischiato con gli altri in caso di esaurimento del mazzetto.

L’unico caso in cui si può aprire senza possedere una combinazione ben definita, è quando si ha un progetto di scala reale bilaterale, cioè quattro carte tali che basti un’opportuna quinta carta fra due possibili per chiudere la combinazione e formare così una scala reale.

Se durante una mano nessuno può aprire, allora occorre rifare le carte, però adesso il mazziere sarà quello che siede alla sinistra del giocatore che aveva fatto le carte in precedenza. Prima di ridistribuire la nuova mano, occorre fare un altro invito che, unito alle fiches che già si trovavano nel piatto, contribuirà a renderlo più consistente. Inoltre per aprire, adesso, è necessario avere almeno una combinazione a partire dalla coppia di donne, e se ancora non si apre, sarà necessaria almeno una coppia di re: questa volta per tre mani; se ancora non si apre si torna alle donne e poi ai J. In ogni caso ci si può accordare a piacimento.

Quando un giocatore apre, effettua la prima puntata, cioè mette nel piatto fiches con controvalore pari almeno alla puntata minima (che è stata stabilita prima di iniziare la partita) ed al massimo a quanto c’è nel piatto in quel momento. Dopo che un giocatore ha aperto, i giocatori seguenti (sempre a turno in senso orario) hanno la scelta fra: “passare”, “vedere” e “rilanciare”. Questa fase, che precede quella dello scarto, termina quando tutti i giocatori ancora in gioco hanno “visto” l’ultimo rilancio/puntata e non vi sono altri rilanci; oppure se nessuno “vede” l’ultimo rilancio/puntata, nel qual caso termina anche la mano e il piatto viene assegnato al giocatore che lo ha fatto.

NB: Se l’apertore, vinto il colpo, risulta sprovvisto della combinazione minima necessaria per aprire, non può ritirare la vincita: tutti i giocatori ritirano le proprie fiches. Se invece è stato un altro giocatore a vincere il colpo, ed è impossibilitato a convalidare l’apertura – perché sprovvisto della combinazione minima necessaria, o perché in sede di apertura aveva ‘passato’ – tale giocatore si aggiudica la vincita, ma l’apertore dovrà rifondere il piatto iniziale.

Terminato questo primo giro di scommesse ha inizio la fase dello scarto. Il mazziere si rivolgerà al primo giocatore alla sua sinistra che sia ancora in gioco, il quale dice quante carte vuole cambiare e fisicamente le mette da parte, coperte, davanti a sé; il mazziere gliene dà poi altrettante, tutte in una volta. Se non vuole cambiare alcuna carta, il giocatore si dichiara “servito”. Una volta scartate le carte il giocatore non può più riprenderle in mano, e a maggior ragione quando ha già ricevuto le carte sostitutive.

Può accadere che il mazziere esaurisca il mazzo prima di aver terminato il cambio a tutti i giocatori; in questo caso dovrà raccogliere e mescolare gli scarti, far tagliare il nuovo mazzetto costituito e terminare l’operazione di distribuzione, senza però utilizzare anche gli scarti del giocatore che deve ancora ricevere le carte. Il mazziere non ha l’obbligo di ricordare gli scarti. Se durante il cambio delle carte il mazziere scopre inavvertitamente una carta, questa è valida e non deve essere sostituita da un’altra carta.

Se un giocatore cambia quattro carte, il mazziere gliene deve dare subito tre, poi servire gli altri giocatori, ed infine dargli la quarta carta; se non ci sono cambi successivi al giocatore che ha chiesto quattro carte, il mazziere gliene dà subito tre, ne scarta una e poi gli dà l’ultima. Discorso analogo nel caso di un giocatore che cambia cinque carte: prima ne riceve quattro e dopo gli altri giocatori riceve la quinta; se è l’ultimo a dover cambiare ne riceve prima quattro, si scarta la quinta e riceve la successiva.

Dopo lo scarto ha inizio la seconda serie di puntate. Per primo deve parlare chi ha aperto (e nel caso in cui questi non fosse più in gioco, il primo alla sua sinistra ancora in gioco); egli potrà dire “cip” (cioè effettuare la puntata minima), effettuare una puntata, oppure dire “parola/e” (cioè cedere la parola agli altri giocatori). Man mano che sarà il loro turno gli altri giocatori potranno o passare, o effettuare una puntata, o vedere una puntata, o rilanciare. Il gioco termina quando, dopo l’ultimo rilancio/puntata, tutti hanno detto o “passo” o “vedo”.

A questo punto si scoprono le carte di colui che è stato “visto” e gli altri, a loro volta, sono liberi di non mostrare le loro carte se la loro combinazione è inferiore al giocatore che ha dovuto scoprire le carte per primo; analogamente chi ha effettuato l’ultimo rilancio non è obbligato a far vedere le sue carte se nessuno lo ha “visto”. In questo caso, ovviamente, egli è il vincitore del piatto.

Prima si è detto che il primo che deve parlare, dopo la fase dello scarto, può dire “parola”. I giocatori che dovranno parlare dopo di lui potranno a loro volta dire “parola” o fare una puntata. In quest’ultimo caso il gioco riprende come prima e del “parola” non resta traccia. Se invece tutti i giocatori dicono “parola” allora la mano ha termine e bisogna procedere a giocarne un’altra, quella del cosiddetto “piatto parlato” o “piatto di parole”; tutte le puntate che sono state effettuate in precedenza restano nel piatto e inoltre tutti i giocatori che, a un certo momento, erano passati, devono necessariamente tornare in gioco versando la differenza nel piatto (in altre parole il piatto deve essere portato ad un livello tale che tutti abbiano messo una quota uguale).

Altre caratteristiche del piatto di parole sono le seguenti: per aprire occorre avere almeno una combinazione a partire dalla coppia di re, e, inoltre, si deve aprire di piatto. Proprio per evitare aperture molto alte, quando vi sia un piatto molto elevato è permesso, purché tutti siano d’accordo, di frazionare il piatto stesso in più parti che saranno giocate in mani successive. Per il resto, poi, il piatto di parole ha uno svolgimento identico a quello di qualsiasi altra mano.

Accanto all’apertura normale della quale si è già parlato esiste anche un’altra possibilità: la cosiddetta “apertura al buio”. Essa può essere effettuata soltanto dal giocatore che siede alla sinistra del mazziere e che deve dichiarare questa sua intenzione prima che vengano distribuite le carte; inoltre per poter effettuare il cosiddetto “buio” occorre mettere nel piatto una somma uguale al doppio di quella che già è stata costituita dalla partenza.

Chi fa il buio ha alcuni vantaggi. Eccoli: solo lui può rilanciare sull’apertura, cioè dopo che altri giocatori abbiano deciso di “venire al buio” (comunque tale rilancio dovrà essere uguale al buio o pari a un suo multiplo fino a tre volte); nel caso in cui gli altri giocatori, dopo aver guardato le loro carte, non vedano il buio, vince il piatto; dopo che è avvenuto il cambio (lo scarto) delle carte ha diritto di parlare per ultimo (cioè nell’ultima serie di rilanci in un piatto di buio il primo a parlare è chi siede alla sinistra di chi ha fatto il buio).

Tenendo conto di quanto detto, quindi, in un piatto di buio i giocatori, dopo aver visto le carte in seguito alla prima distribuzione, possono semplicemente dire “vedo il buio” (e pagare la posta relativa) oppure “non vedo il buio”/“passo” (e ritirarsi dal piatto). Nel caso in cui chi ha fatto il buio rilanci, allora gli altri giocatori che non siano passati prima hanno il diritto di riparlare. Essi ora possono o vedere il rilancio, o passare, o rilanciare a loro volta.
E’ ammesso anche il “controbuio”.

Cioè chi siede alla sinistra di colui che ha fatto il buio può a sua volta fare un altro buio, raddoppiando la somma messa in precedenza (quindi significherebbe mettere nel piatto una somma pari a quattro volte di ciò che c’era alla partenza). In questo caso i diritti che prima erano di chi aveva fatto il buio ora passano a chi ha fatto il controbuio. Se però il buiante ha “visto” il controbuiante prima di guardare le carte, resta a lui il diritto di rilanciare per primo.
Non è ammesso il buio nei piatti di parole.

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Fonti bibliografiche

Benito Carbone – Il grande libro dei giochi con le carte, De Vecchi editore, Milano.

Dario De Toffoli – Giocare e vincere a poker, tutte le regole e tutte le strategie, Stampa Alternativa, Viterbo

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