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Thinking Process – Alessandro Chiarato e il fold river con K – K dopo le ‘sportellate’ preflop
Call impensabili, fold epici, bluff da urlo? ItaliaPokerClub svela il Thinking Process dei professionisti con un’analisi accurata – strada per strada – delle mani più spettacolari da loro giocate.
Dopo avervi raccontato le ‘prodezze’ di Dario Sammartino, Luigi Curcio, Giuliano Bendinelli, Antonio Bernaudo, Davide Suriano e altri ancora, oggi analizziamo uno spot che ha visto protagonista il pro del team Poker Club Alessandro Chiarato durante il WPT Venezia dello scorso anno vinto da Rocco ‘RoccoGe’ Palumbo.
Lo sviluppo della mano nel preflop è molto articolato e si rivelerà, poi, decisivo per le scelte di Alessandro prese nelle strade successive.
Ecco la mano descritta da Chiarato:
Ed ecco come Alessandro spiega il fold al river.
PREFLOP
Il giocatore in UTG è Jackson Genovesi, io sono in UTG+1 e in UTG+2 c’è Salvatore Bianco. Io e Jackson siamo molto amici e al tavolo lo hanno capito tutti. I nostri avversari, dunque, si aspettano che non ci giochiamo parecchie mani contro: non credono che facciamo soft-play, anche perché più tardi raddoppierò proprio ai danni di Jackson, ma chiaramente si aspettano che non ci inventiamo nulla l’uno contro l’altro.
Salvatore è amico di entrambi, ma meno di quanto lo siamo noi due, quindi con lui il tavolo si aspetta che sia io che Jackson siamo disposti a fare qualsiasi tipo di azione.
La mano prima, poi, Bianco ha vinto un colpo contro Jackson pushando al river (senza showdown, abbiamo scoperto dopo che aveva fatto un grosso bluff) e sta raccogliendo ancora le chips vinte.
Apre Jackson, io chiamo, Bianco 3-betta, Jackson chiama e io 4-betto: se aggiungiamo a quanto detto sinora il fatto che Salvatore non sa che il mio range di call/cold 4-bet è ben bilanciato e non rappresenta solo monster, nonostante in questo caso io abbia K-K, posso facilmente dedurre che io sia face up. Inoltre, in Italia, mi sono costruito l’immagine di uno a cui non piace foldare e che è propenso a giocarsi facilmente le chips.
Detto questo, Salvatore 5-betta. Mi aspetto che dopo la mia 4-bet lui possa trovare qualche hero-fold e qualche call per rivalutare, non mi aspetto però mai una 5-bet. Il suo range di 3-bet dopo l’apertura di Jackson e il mio call non è ampio, ma coincide quasi interamente col suo range di call alla mia 4-bet, mentre il suo range di 5-bet qui è drammatico per me, perché sono sicuro non abbia mai J-J, Q-Q, T-T, A-Q, A-K, mani con le quali non avrebbe 5-bettato, alcune di queste non le avrebbe nemmeno 3-bettate e altre, forse, le avrebbe foldate a fronte della mia 4-bet.
Inoltre, mentre penso facendo il ‘finto tonto’, gli chiedo se sa l’entità del mio stack a inizio mano e dichiaro volutamente una cifra errata, venendo corretto da lui che invece dimostra di sapere esattamente quanto ho. Capisco, dunque, che la sua mossa non è mai per foldare di fronte a una mia 6-bet push, ma sempre per chiamare.
Alla fine la cosa migliore sarebbe stata quella di passare, ma nel caso specifico ho fatto call.
FLOP
Il flop è apparentemente bello ma, considerate tutte le premesse fatte, è in realtà molto brutto, dato che toglie alcune combo di A-A dal suo range: A-8-8 rainbow, checkiamo entrambi. Penso che sia io sia lui sappiamo cosa sta succedendo: Salvatore spera in un mio ‘tuffo’, rappresentando lui K-K.
TURN
Il nove che scende al turn non sposta né situazione né pensieri: optiamo entrambi nuovamente per il check.
RIVER
Come ultima carta esce un sette e decido di bettare piccolissimo, qualcosa come tre bui, per farmi chiamare da un improbabilissimo K-K o Q-Q. Lui pusha e io passo. A questo punto rompono il tavolo e Bianco mi mostra A-A…
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