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Strategia

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il 29 Gen 2020

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Quali elementi considerare per capire quanto è bravo il nostro avversario?

Quali elementi considerare per capire quanto è bravo il nostro avversario?

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Se entro mezz’ora non capisci chi è il pollo al tavolo…

Sapete già come va a finire no? Ecco, per evitare di trovarsi in una situazione spiacevole contro qualche avversario particolarmente preparato, oltre a capire su chi puntare per fare le chip occorre anche guardarsi bene da chi è più forte di noi.

Sì, ok, da bravi pokeristi pensate di non avere rivali e poter competere con tutti, ma proviamo un attimo a tornare sulla terra ora…

Chi dobbiamo temere e perché?

Capire chi è più preparato non è soltanto un modo per levarci dai guai ma, a tutti gli effetti, è una preziosissima informazione.

E nel Texas Hold’em le informazioni sono tutte preziose, anche quelle all’apparenza insignificanti.

Un giocatore preparato sa anche quando è opportuno passare e, paradossalmente, quando ci si imbarca in bluff esagerati è più semplice trovare un fold quando si ha davanti un buon player che un altro meno bravo.

Ciò non significa che al primo professionista che vi si para dinanzi dovrete tirargliele in testa non appena ne avete l’occasione, quanto piuttosto che una maggiore conoscenza del gioco corrisponde a una maggior profondità di pensiero, con tutte le conseguenze che questo implica.

Per essere un buon giocatore non vi sono dei parametri fissi e soprattutto non c’entra nulla lo stile di gioco: potreste trovarvi un fenomeno nel gioco loose aggressive come un campione che preferisce una strategia più tight.

Attenzione ai giudizi affrettati

Nell’online, per capire subito la bontà degli avversari, nella maggior parte dei casi è sufficiente una breve ricerca su Sharkscope.

Live invece non esiste un database così completo e spesso e volentieri (salvo noti professionisti di valore indiscusso) i dati presenti su hendonmob non rendono esattamente l’idea.

A prescindere da questi strumenti, si può intuire già nel giro di poche orbite di che pasta sono fatti i giocatori che abbiamo al tavolo, anche se è opportuno fare dei distinguo.

Quello 3-betta troppo, quell’altro è una calling station” e via dicendo sono tra i tanti giudizi che sentiamo pronunciare (o ci passano per la mente) dopo aver osservato la condotta altrui.

Tuttavia può benissimo capitare un rush favorevole di carte o una serie di incastri che, in un numero ridotto di mani, tendono a farci pensare qualcosa che non corrisponde alla realtà.

Esatto, ci riferiamo proprio a quella volta in cui tutti abbiamo provato a mostrare i denti 4-bet shovando sull’ennesima 3-bet di quello “che sicuramente ce la vuole combinare” salvo poi trovarlo con due Assi allo showdown, un bel cocktail in mano e un par di ciabatte.

Going with the flow

Il poker è un gioco dinamico e lo si intuisce anche nella singola partita.

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Il cosiddetto “flow del game” non è altro che quella parte nascosta, fatta di detti e non detti, di gesti, di azioni più o meno aggressive e di qualsiasi altro elemento che contribuisca a darci un’idea di quel che sta accadendo attorno a noi oltre al mero calcolo dell’equity in base al board e alla nostra mano di partenza.

Non solo, in un certo senso costituisce il ritmo gara che, a seconda delle caratteristiche dei giocatori può variare notevolmente.

Seguire troppo il “flow” però potrebbe non essere la scelta migliore, così come disinteressarsi totalmente di quanto accade e focalizzarsi solo sull’aspetto tecnico.

Ai fini del nostro articolo, quel che ci interessa capire è innanzitutto se l’avversario su cui vogliamo avere qualche informazione segua o meno l’andamento della partita.

Un giocatore troppo impulsivo, che si lascia travolgere dal suddetto “flow” potrebbe celare delle evidenti debolezze, così come agire disinteressandosi delle dinamiche al tavolo può risultare indicativo.

I giocatori più bravi invece, seguono meticolosamente queste sfumature e provano a sfruttarle a loro vantaggio.

Da chi stare alla larga?

Sebbene non sia mai consigliabile fare eccessive generalizzazioni, in qualche modo dovremmo arrivare al dunque no?

E allora, se al tavolo vi trovate un giocatore che utilizza size di apertura poco ortodosse quando l’average stack è 30/40 big blind (aperture x4/x5 e via dicendo), salvo motivazioni specifiche, molto probabilmente non sarà un professionista del Texas Hold’em.

Così come non lo sarà chi, per abitudine, si trova a c-bettare con delle size comprese tra pot e close to pot su texture assolutamente anonime, magari contro il range di big blind in un raisato semplice.

C’è poi chi, pur avendo delle ottime competenze tecniche, vuole a tutti costi vincere ogni piatto e continua a martellare senza curarsi di chi gli sta davanti.

I giocatori più bravi ed esperti invece, utilizzano in genere delle size più ridotte nel preflop, sanno pot controllare anche con delle mani di valore, non bluffano mai senza una valida ragione (e raramente senza un straccio di equity/backdoor equity e affini), non danno in escandescenze quando perdono un colpo e sanno giocare sul timing.

Uno snap call da parte di un amatore potrebbe non avere lo stesso significato se fatto da un giocatore preparato, dato che non vi sarebbe alcuna fretta per mettere le chip dentro se non per dare un fake tell all’avversario.

Insomma, diffidate dai giudizi superficiali ma state attenti a tanti aspetti che non riguardano esclusivamente il lato tecnico e cercate sempre di contestualizzare le varie azioni a seconda della fase del torneo e degli stack in gioco.

Se avete qualche problemino col tilt, date uno sguardo qui per scoprire i cinque modi per riacquistare un mindset di ferro!

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