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I periodi di striscia: quando va tutto male. O bene..
Alcuni giorni fa ragionavo con alcuni amici del circolo che frequento ormai da anni, sul fatto che anche il più scettico rivoluzionario che non crede nemmeno in minima parte alla cabala, ai gesti apotropaici, alla sfortuna e alla superstizione, non può non riconoscere che esistano dei periodi in cui ti senti il Dio del Poker e altri nei quali sai già che al river cascherà il 2% di Villain.
Ma, al contrario, esiste una componente oggettiva che influenza tali periodi, che siano positivi o negativi?
Le strisce
Se giocate da qualche tempo, facciamo almeno un paio di anni e la vostra specialità è il Texas Hold’Em, anche se il discorso calza a pennello anche per Pot Limit Omaha e per tutte le varianti di questo mondo, sono decisamente più che sicuro che abbiate anche voi attraversato dei periodi di “striscia” durante i quali sapete già come andrà a finire.
Sì, le avete passati anche voi quelle ore in cui eravate praticamente certi che potesse succedere qualsiasi cosa da lì a pochi minuti e che tra queste ci sarebbe stata una bad beat o una super mano a vostro favore.
Non sto parlando di amenità online dove il concetto è sempre quello di urlare a squarciagola che è “TUTTOTRUCCATOOOOOOOO”.
Parlo di quei periodi in cui sembrano interminabili le bad beat a prescindere da come voi affrontiate gli spot. Niente. Di riffa o di raffa, la sessione andrà malissimo. O benissimo.
Sono le famose strisce “aperte”, quelle nelle quali ti incastri senza che la tua volontà ne abbia il minimo ruolo. Ci provano a spiegarti che si tratta di varianza, ma è difficile fagocitare un concetto che riteniamo astratto e che è invece oggettivamente plausibile in tutte le sue forme.
La parte buona
Sentirsi invincibili in un gioco come il poker, è discretamente facile.
Bastano un paio di sessioni ben assestate, oppure uno o due risultati positivi ad un torneo, tipo un paio di Tavoli Finali di seguito, per cominciare a macinare quella positività che il nostro cervello riconosce come informazione piacevole e che cambia ogni prospettiva.
La cambia in tutti i campi della nostra vita. Si esce più volentieri all’aria aperta, si parla con le persone attraverso un atteggiamento più bonario, più aperto alle ragioni altrui. Si guarda tutto con un occhio diverso, soprattutto perché, quando si è in striscia positiva, non vedi l’ora di ricominciare a giocare, di mettere alla berlina i tuoi avversari.
E succederà: cadranno le nostre, e anche se non cadranno, riusciremo a far foldare da meglio i nostri avversari, perché siamo in stato di grazia e riusciremo a raccontare una storia che fila. Da quando ci siederemo al tavolo, fino al momento della chiusura.
L’atteggiamento iniziale è davvero importante, mica balle. Fin dalla postura, dall’attenzione e dalla concentrazione che ci metteremo, tutti movimenti, azioni, idee, che ci verrà spontaneo curare nei minimi particolari, spinti dallo stato emotivo che non può che essere positivo.
Da qui i periodi più o meno lunghi, in cui siamo inarrestabili, non perdiamo un colpo nemmeno se ci impegniamo a farlo.
Si parla di settimane, di decine di sessioni delle quali ne chiudi in negativo una piccolissima percentuale. Tutto è azzurro sopra la nostra testa.
La parte cattiva
Poi c’è il rovescio della medaglia. Le domande non hanno risposta, ti senti impotente, puoi prendere qualsiasi accorgimento, che, in ogni caso, non andrà bene.
È la parte peggiore del poker, quella durante la quale la tua domanda più ricorrente è sempre la stessa: “perché mi sta capitando tutto questo?“.
Chi non gioca non può avere idea di quello che si prova quando si entra nel tunnel meno piacevole per un pokerista. Sembrano cose incredibili, accadono situazioni in cui vorresti solo quittare tutto, ma solo dopo aver recuperato tutto il maltolto.
“Questa volta smetto sul serio“, è il nostro motto in quelle occasioni, ma basterà una nuova sessione decente per farci cambiare idea.
Ma ci mettiamo anche del nostro? Certamente sì.
Se il discorso va bene per quando le cose filano nel verso giusto, non si capisce perché non debba valere quando è tutto buio. La concentrazione viene meno, la voglia di recuperare offusca determinate decisioni, apriamo il nostro client senza un motivo ben preciso, sbagliamo i target e pure la programmazione della sessione.
Oppure andiamo in poker room senza una ragione specifica, non siamo determinati, ma sopraffatti dalla voglia di rivincita.
Il tutto si risolve in un’ennesima sessione negativa che ci malediciamo una volta ancora di avere aperto.
Conclusioni
Il consiglio perfetto, direte voi anche un po’ banale, è quello di lasciarci andare il più possibile quando il periodo è positivo, ci accorgeremo piuttosto in fretta quando dovremo dire “stop”, ma quando il ferro è caldo, occorre batterlo, mai banalità più corretta di questa è stata proferita in passato.
E bisogna farlo con cinismo, con “sana cattiveria”, come quella del bomber che inizia a segnare e non smette più. Una trance agonistica che dobbiamo sempre e solo accompagnare e sviluppare mettendoci la nostra massima attenzione, il nostro massimo coraggio.
Nel caso in cui le cose stanno andando male, beh, a rischio di apparire Capitan Ovvio, occorre fare una cosa che tutti credono di poter fare senza problemi e invece nel momento in cui è necessario farlo, non lo fanno: STACCARE LA SPINA.
Per un periodo più o meno lungo, per una sera, per qualche ora, per dei giorni, per una settimana. Per il tempo che vi serve, staccate la spina, dedicatevi ad altro.
Il poker non è obbligatorio, la vostra serenità mentale, psicologica ed economica, lo sono.