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Tilt positivo e Fancy-Play: quando perdi perché vinci
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Ci siamo ultimamente soffermati spesso sul tilt e sulle sue inclinazioni più disparate, tenendo conto anche dei downsings che ne scaturiscono nel breve periodo, nei quali cadremmo a prescindere dal nostro gioco espresso.
In questo pezzo, invece, andiamo a cercare quelle caratteristiche che mettono in evidenza quello che in gergo, ma sarebbe meglio dire in slang pokeristico americano, viene riconosciuto come “Positive Tilt”.
Il “Positive Tilt” e i suoi fratelli
L’accezione che i giocatori americani vogliono dare al termine “Tilt Positivo”, non è la stessa alla quale possiamo pensare noi italiani leggendo la parola “positivo”, in un gioco come il poker, il tilt non ha mai la caratteristica di essere una componente che ci possa portare dei vantaggi, il tilt è sempre negativo.
La definizione di tilt positivo, infatti, non riguarda il fatto che esso possa regalarci soddisfazioni al tavolo, ma bensì vuole significare l’origine da cui esso scaturisce.
In questo caso, infatti, il tilt è prodotto da quei momenti in cui le cose sembrano andare tutte nel verso giusto. Ogni mossa che facciamo va a buon fine, le scelte sono quasi sempre giuste, allarghiamo i nostri range come se avessimo le capacità di Patrick Antonius e i risultati arrivano copiosi.
Questo senso di onnipotenza, però, ci porta a giocare con un atteggiamento che non è quello al quale siamo fedeli: i giocatori più aggressivi proveranno ad essere ancora più aggressivi, quelli tight abbandoneranno il loro stile per cominciare ad entrare nel magico mondo delle aperture naif da early position, e via discorrendo.
Ma nemmeno ci saremo accorti di quanto abbiamo allargato spropositatamente i nostri range di apertura, di 3-Bet e di call, che il nostro stack e, di conseguenza, il nostro bankroll, saranno già belli che decimati.
Il cambio di rotta deleterio
Quando in Italia cominciava a spopolare il “nuovo poker“, intorno al 2006, Alan N. Schoonmaker ha citato un giocatore che descrive questa “comune reazione eccessiva” alla vittoria nel suo libro Your Best Poker Friend: Increase Your Mental Edge. “Quando sto runnando bene, vado verso un tilt positivo“, scrisse il giocatore. “Cerco di runnare al tavolo con mani marginali invece che con quelle solide che mi hanno portato fino a lì. Inoltre, mi infilo nella sindrome fancy-play. Poi, prima che me ne accorga, la mia pila è diminuita“.
Definita per la prima volta dall’autore del poker Mike Caro, la sindrome fancy-play si riferisce a qualsiasi azione al tavolo da poker che si basa su un livello di pensiero più alto di quello che il tuo avversario è in grado di raggiungere.
La stragrande maggioranza dei tuoi avversari nei microlimiti sta pensando solo a quello che viene spesso chiamato “Livello 1”. Ciò significa che si preoccupano solo delle due carte nelle loro mani e di come si relazionano con il board. Allo stesso tempo i regular abituali di questi giochi penseranno in varia misura al livello 2 e prenderanno in considerazione anche quali due carte ha in mano il loro avversario.
Detto questo, ci sono pochissimi avversari in questi livelli che stanno pensando ai livelli 3 e 4 in cui i giocatori non stanno solo considerando le proprie carte e quelle dei loro avversari, ma anche quali mani loro o i loro avversari stanno rappresentando.
Ancora meno andranno più a fondo e metteranno insieme i pezzi chiedendosi quale range di mani stai rappresentando date le tue azioni preflop, il board, la potenziale azione successiva e così via.
L’altro problema principale con i giocatori in queste puntate è che anche se possono intuire che stiamo rappresentando una mano fortissima, se hanno un pezzo ti chiameranno comunque. I giocatori di questi livelli odiano assolutamente foldare.
Il Fancy Play da tilt positivo
Ed ecco che, nel momento in cui le cose cominciano da andare per il verso giusto, il nostro ego si gonfia e diventiamo tutti dei piccoli Phil Ivey in missione, cominciamo a pensare che il nostro gioco scintillante porti sempre e comunque a vincere piatti, tornei e sessioni ed è proprio in quel momento che il poker dà la sua massima espressione didattica: ti stanga.
Non vi è alcun bisogno di forzare le giocate contro i players dalle limitate capacità di lettura e, soprattutto, di fold. Occorrerà tornare a giocare per il nostro vecchio e caro valore, perché il senso di onnipotenza che ci rapisce in un gioco come il nostro, è ben più pericoloso di ogni altro campo della vita, in cui spesso le cose sono recuperabili.
I soldi buttati per il nostro ego smisurato, invece, quelli no, non torneranno più indietro; sono porzioni di bankroll che abbiamo concesso a nostri avversari che probabilmente sono meno forti di noi e non meritavano, se non per il fatto che hanno sfruttato il nostro tilt positivo.