Wsope, intervista esclusiva a Gus Hansen: “Dopo il braccialetto voglio il Main Wsop”

LONDRA – Gus Hansen batte la stampella a terra. E’ così che, ora che ha una caviglia rotta,  “The Big Dane” applaude ognuno dei nove finalisti del Main Event delle World Series of Poker Europe, la cui presentazione precede la sua premiazione.

Poi, arriva il suo momento. Quello in cui il direttore di torneo delle Wsop Jack Effel gli consegna il tanto agognato braccialetto, conquistato aggiudicandosi l’evento 4 delle Wsop Europe, un 10.000 sterline high roller heads up. “E’ il primo della mia carriera, sono contentissimo, questo trofeo mi mancava proprio” dice Gus a tutta la sala, che lo applaude e lo porta metaforicamente in trionfo.

“Ho vinto un torneo durissimo, con tutti i i migliori al mondo. Pure l’epilogo è stato strano, l’ho vinto giocando una finale a puntate (si giocava a due match vinti su tre, ndr), un po’ come una partita di tennis più volte interrotta per pioggia. Ho vinto il primo match contro Jim Collopy, sembravo in controllo della situazione, poi nel secondo lui ha trovato due break (Gus usa proprio il gergo tennistico che è proprio del suo passato con la racchetta, ndr) e ci siamo trovati 1-1.

Lì poi si è deciso di rinviare al giorno dopo la bella perché ormai era tardissimo, e poi essendo entrambi impegnati nel Main Event il rinvio è durato due giorni. Quando alla fine abbiamo giocato, ho scoperto che intanto lui aveva studiato molto, soprattutto il mio modo di giocare, e si era adattato. Comunque alla fine ho trovato anch’io un break vincente e ce l’ho fatta. Ci voleva”.

Gus Hansen

Poi Hansen si apparta, e ai taccuini di Poker Sportivo racconta ben altro. Dei mesi in cui è praticamente andato rotto sui tavoli High Stakes, “ho voluto giocare contro i migliori e queste sono cose che possono succedere quando accetti queste sfide”, del suo futuro, “sogno ancora di vincere il Main Event Wsop”, e di altro ancora. Per saperne di più, non c’è che da attendere in edicola il nuovo numero di Poker Sportivo.

Londra, dal nostro inviato Rudy Gaddo